Carlo Simoni È nativo di Fano nelle Marche che definisce un luogo “fra mare e collina dove al tramonto puoi riscoprire i toni azzurrini dei paesaggi di Leonardo e di Raffaello”, e il riferimento ai due grandi pittori non è casuale. La pittura per Carlo Simoni, non è un hobby, ma un vero lavoro insieme al mestiere dell’attore che lo ha reso celebre, il quale inaugura oggi alle 18 la personale “Miti e Seduzioni” alla Galleria Il Capricorno 10 di Via Palermo, visitabile tutti i giorni dalle 16 alle 19.30 (chiusa il lunedì) fino al 3 dicembre. Una carriera teatrale e artistica parallela: Simoni si è diplomato maestro d'arte all'Istituto Statale d'Arte di Bologna e all'Accademia di Belle Arti a Roma nel 1967. Dal 1975, anno in cui espone per la prima volta al Centro di documentazione grafica e pittura di Roma, Simoni ha fatto conoscere la sua arte in tutta Italia. Le opere pittoriche in mostra ora a Bolzano, provengono dal museo della Fondazione Marino Marini di Pistoia, dove sono state esposte fino il mese scorso nella sede di Palazzo del Tau. Oltre trenta quadri realizzati con la tecnica ad acrilico su tela in cui si distinguono tre autoritratti di Simoni, “Io Munch, Io Van Gogh, Re Enrico IV”, rappresentativi del pensiero – gesto pittorico dell'artista nel quale si fonde la passione per la pittura e la profonda ammirazione per l'espressionismo di Munch e di Van Gogh, ma anche un dovuto riconoscimento al teatro, al personaggio che prende vita dalle gesta dell'attore. La pittura di Simoni fonde le due anime che in lui convivono con eguale forza e propensione alla comunicazione visiva, artistica, espressione di un uomo che cattura la realtà e la trasforma in segno grafico e pittorico. Il critico Roberto Agnoletto spiega nel catalogo espositivo edito da “Settegiorni” la pittura di Simoni come “contemplativa e riflessiva, autoriflessiva. L'artista che crea, come l'alter ego dell'attore che si presenta, che si offre al mondo”. L'artista dal canto suo afferma che “la pittura fa parte della mia vita. Ho affinato due mestieri artistici e quello del pittore è più istintuale”. La mediazione tra soggetto rappresentato e ricerca espressiva è data dalla tecnica usata che si avvale dell'uso della grafica computerizzata nella rielaborazione del tema “catturato” dalla macchina fotografica. Senza però dimenticare l'osservazione diretta, immediata, dall'occhio umano. “Vedo la vita come delle inquadrature e le disegno come se fossero dei quadri o fotogrammi. Osservo tutto ciò che si muove, vedo le persone e le disegno con gli occhi nello stesso istante.”. Per quest’artista l'ispirazione nasce dall'attenzione rivolta al corpo umano femminile, tema ricorrente nella sua carriera pittorica. “Lo sento importante, il nudo per me è un astratto, il corpo lo paragono al paesaggio, una rappresentazione visuale astratta. Io dipingo la matura che è la donna, che ha il valore aggiunto della passionalità, l'erotismo raffinato. Dipingo la donna come una ricerca, un'indagine interna della femminilità”. “Miti e seduzioni” segue la precedente mostra di Simoni a Bolzano realizzata nel 1997 alla Galleria “Les Chances de L' Art” di Antonella Cattani, e a Trento alla Galleria ”Isola”, dedicata alla figura di Medea. Nell'esposizione alla Capricorno sono in mostra opere come “Ballerina, “Venere su fondo giallo”, “Adamo ed Eva”, “Psiche”, “La donna e il cagnolino”. Simoni non ha dubbi: “Se non avessi avuto il successo come attore, avrei dedicato tutta la mia vita alla pittura”.
INTERVISTA A CARLO SIMONI
È stato uno dei volti più amati della televisione alla quale deve molta della sua notorietà, diventando subito famoso per l’interpretazione nello sceneggiato di Rai 1 “I fratelli Karamazov” per la regia di Sandro Bolchi. Diplomato all’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico di Roma nel 1967, ha esordito in teatro con Luigi Squarzina e Ivo Chiesa al Teatro Stabile di Genova. Un attore scelto per la sua bravura da Giorgio Strehler al Piccolo Teatro di Milano. Stiamo parlando di Carlo Simoni primo attore al Teatro Stabile di Bolzano e protagonista, nella commedia Il Gabbiano di Checov diretto da Marco Bernardi in scena a Bolzano e poi in tournée a Milano, Roma, Bergamo, Bologna; Padova, Trieste. “E’un testo di generazioni dove sono a confronto le diverse età. Amo molto Sorin il mio personaggio, un uomo che ti fa capire l’ironia della vita che critica con affetto e grande umanità quello che gli circonda. Un’esperienza interessante poterlo rifare ora che ho un’altra età. Ho dentro tutti i prodromi degli altri personaggi”. “Assolutamente positivo, sia artistico che umano. Dopo tanti anni di lavoro con molte colleghe, il rapporto con Patrizia Milani, donna molto preparata dal carattere mite, dotata di una dolcezza umana e sensibilità, è di grande affinità artistica e d’amicizia. Quasi un legame parentale. Tra noi di noi c’è un gran rispetto e non prevarichiamo mai. Un’unione artistica dove il regista Bernardi ci sublima organizzandoci l’arte e la vita. Un’intelligenza che pilota questo rapporto tra noi e aggiusta sempre tutte le situazioni. Ci da la coscienza di aver creato al massimo del nostro impegno e il rispetto per l’autore. Cerchiamo nella recitazione sempre l’essenza della verità del pensiero del personaggio. Una sintesi per essere naturali e credibili. Non ci pare lungo il tempo che abbiamo trascorso insieme, non c’è stanchezza e il matrimonio artistico è ancora vitale. La parola tra noi ha un valore”. Lei fu scelto anche da Strehler. Per un attore giovane deve essere stato emozionante sapere che questo regista lo voleva nella sua compagnia? “Mi chiamò per recitare nel Re Lear di Sheakspeare. Strehler lo conoscevo già di persona. Frequentavo la sua casa a Portofino dove si parlava d’arte e dell’Italia. Andavo a vedere le sue prove a teatro. Fu un grande amore per questo regista, un rapporto d’amicizia che non si è mai interrotto. Nel 1997 mi chiamò perchè ero l’attore ideale per interpretare i Memoires di Carlo Goldoni, adattati da lui. Affermò che ero l’attore goldoniano per eccellenza. La sua morte improvvisa cancellò per sempre il progetto. Era un uomo straordinario”. “Ho recitato molto in televisione senza mai lasciare il teatro. La mia carriera è decollata grazie al piccolo schermo. Ho fatto Il Mulino del Po, Madame Bovary, Leonardo da Vinci, Napoleone a Sant’Elena, Balzac, Il ritorno di Casanova. Ho lavorato con registi come Sandro Bolchi, Daniele Danzi, Renato Castellani, Eros Macchi, Tino Buazzelli, Luca Ronconi. Ero il più giovane e tutti mi hanno insegnato. Come attore ho imparato e la televisione mi ha svezzato. L’ho sentita come una mamma e orfano quando non si è più fatta, non per la notorietà ma perchè in televisione si recita in modo diverso rispetto al teatro. Ho rifiutato dei contratti che non reputavo qualitativi. Il teatro però non tradisce mai, è la vita vera. Gli ho dato più importanza perchè chiede più fatica, più sacrifici, ma provi più soddisfazione. La vita di ognuno di noi ha un grande valore, perchè se vivo il nostro mestiere è importante, è un rito che si fa in due. Un rito d’amore. Io attore e l’altro spettatore. Il teatro è impagabile, irripetibile, mai eguale, si arricchisce sempre”. Un talento per il teatro ma forse non tutti conoscono un altro suo talento: quello della pittura. L’ultima sua fatica è la personale “Miti e seduzioni" “Sono sempre stati due talenti indispensabili. Sento sempre la necessità di esprimermi in tutte due le forme. Fin da bambino avevo l’istinto di dipingere e prima di diventare attore ho studiato all’Accademia di Belle Arti di Roma. Per me dipingere significa non staccare mai con il pensiero, anche se poi l’atto creativo è istintuale come un atto d’amore. La scelta della forma e dei colori è una tensione fortissima, un linguaggio estetico del sentire. Tolgo quello che non sento in un bilanciamento dinamico. Per me il quadro è come un’opera musicale dalla doppia, tripla lettura. Aggiungo cose che non mi spiego, che non so decodificare, ma altri in futuro potranno capire. Ho la presunzione di essere un radar, qual è l’artista. Quello che faccio è contemporaneo, non è ancora codificato, nemmeno da me. Dipingere è pura libertà espressiva che me lo permette il lavoro dell’attore, oppure l’attore ha permesso di chiarirmi meglio. Riesco anche a vivere una vita normale per restare in equilibrio, antitesi della mia psiche piena di pulsioni. Io sono un fatto diventato uomo per stare attento a me stesso”.
di Roberto Rinaldi |
MITI E SEDUZIONI
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-Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: P. Rafficoni
-Supervisione: Manuela Verbasi
-Artista intervistato e dipinto di: Carlo Simoni
-Recensione ed intervista: Roberto Rinaldi
-Editing: Emy Coratti, M. Verbasi
-Staff
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