intervistato: professor Concino de Concini, docente di italiano e storia, ricercatore storico, pedagogista, scrittore.
La missione segreta di Leonardo da Vinci a Glorenza in Val Venosta
Nel luglio del 1496 Leonardo da Vinci esce da Milano, naviga sul Lago di Como, percorre la Valtellina e supera lo Stelvio al valico di Umbrail.
Viene ospitato in Alta Val Venosta dall’imperatore Massimiliano I d’Asburgo, in occasione di un convegno geopolitico per la fondazione di una lega militare, una alleanza aggressiva contro il re di Francia ed i cantoni svizzeri. Il dato clamoroso su questo “viaggio in Germania” - itinerario leonardesco ben documentato - apre scenari scientifici fino ad ora imprevisti con la possibilità di una lettura assai più approfondita del Rinascimento in Europa.
Leonardo cessa di essere un uomo condiviso tra Italia e Francia ed entra a pieno titolo come co-fondatore dello stile architettonico mitteleuropeo.
A questa determinazione storica è giunto il bolzanino Concino de Concini, professore, studioso di politica urbanistica a Bolzano. Insegnante di lettere e storia, laureato in pedagogia, da sempre appassionato di architettura e arte, studia da anni i documenti comprovanti la veridicità della sua tesi su Leonardo consultando gli scritti originali di Leonardo, pubblicati in forma di opera omnia da Classici Rusconi, facendo poi una comparazione mirata sui luoghi descritti dall'artista: Glorenza, la città fortificata della Val Venosta. Un lavoro iniziato decenni fa per confluire in un libro dedicato alla cultura rinascimentale del Tirolo. Con un occhio di riguardo per la “politica urbanistica”, tematica che l'ha convinto nel passato a laurearsi nel 1971, con una tesi sul tanto contestato Monumento alla Vittoria, discussa alla Facoltà di Magistero di Padova.
Come inizia la sua ricerca che l'ha condotta a scoprire la presenza di Leonardo a Glorenza?
“Ho iniziato ad occuparmi di Glorenza quando iniziai a seguire un gruppo di studenti dediti alle ricerche architettoniche proprio di questa città della Val Venosta, insieme a Giorgio Fedele, l'allora capo architetto del Comune di Bolzano. Lo studio era indirizzato alla forma urbis della città e venne realizzata una planimetria molto accurata. Glorenza è molto più importante di quello che appariva normalmente. Io ho anche scritto un libro dal titolo Nostra città di Glorenza.
Ma quello che è più importante affermare ora è che nel 1496 Leonardo da Vinci si trovava in Val Venosta al seguito degli Sforza di Milano, alloggiato insieme ad un corteo di funzionari. Testimone dei colloqui riservati tra Ludovico Sforza e Massimiliano I d'Asburgo, Leonardo era stato incaricato di disegnare e documentare in maniera assolutamente riservata le caratteristiche geografiche di confine dei possessi lombardo – milanesi in Alta Valtellina.
L'esperienza vissuta a Glorenza fu drammatica per la disorganizzazione nell'ospitare centinaia di persone, carente nell'approvvigionamento di viveri, tanto da descriverle le “apocalittiche” giornate nel foglio 145 r.a. del Codice Atlantico”.
Lei su quali documenti si è basato per confutare la scoperta?
“Ci sono due testi storici che non lasciano dubbi. Uno è quello intitolato “Al Diodario di Soria”, citato come “descrizione fiabesca” nella raccolta degli Scritti di Leonardo, una delle prove ottenute rileggendo la situazione fantasiosa descritta dall'autore che se messa in comparazione con la pubblicazione del saggio storico “Il congresso di Malles e Glorenza. Saggio della politica tedesca in Italia” di Hermann Wiesflecker, pubblicato nel 1960, si evince come il massimo biografo di Massimiliano I, descrivendo con rigore filologico le ripercussioni politiche dell'incontro tra gli Asburgo e la Corte degli Sforza e ben dieci ambascerie diplomatiche, convocate “in mezzo alle Alpi”, collimi con quanto scritto da Leonardo.
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La coincidenza quasi testuale dei due scritti garantisce la verità storica e letteraria dell'avvenimento. La venuta di Massimiliano I a Glorenza cambiò la geopolitica del mondo e la geostoria dell'arte”.
Glorenza come un G8 dei giorni nostri?
“È proprio qui che Massimiliano espresse l'intenzione di dichiarare guerra al re di Francia e cercò di federare tutta l'Europa per conquistare la Francia. Tre anni dopo nello stesso luogo ci fu la battaglia della Calva e l'Alta Venosta cambiò senso per i sudtirolesi. Generò un senso di colpa e quando vi fu l'arrivo delle truppe francesi i contadini si ribellarono. L'incontro delle corti a Glorenza fu definito una bruttissima figura fatta dalla monarchia. Un ingorgo di genti, servitori, lanzichenecchi, un nunzio papale, Filippo il Bello, due Grandi di Spagna, Albion e Fonseca, 700 uomini e 1600 cavalcature. I savoiardi, i veneziani del Foscari. Un circo di tende ed animali accampati in una pianura paludosa, dove mancava tutto. Purtroppo il foraggio accumulato in Val Venosta era appena sufficiente per 500 cavalli, e i funzionari tirolesi addetti alla logistica furono presi dal panico. Leonardo scrisse: “ I vicini per pietà ci hanno soccorso di vettovaglie, tutti saremmo morti di fame”
E in tutto questo caos il ruolo di Leonardo quale fu?
“La sua visita nel cuore delle Alpi non fu un giro turistico. Io ho seguito le tracce di una rivoluzione culturale chiamata manierismo in Europa, in Mitteleuropa è del “tardo gotico rinascimentale”, in Tirolo diventa lo “Stile Massimilianeo”.
Per la prima volta un'artista entra con un ruolo operativo moderno in un congresso politico internazionale e ne trae vantaggio sociale. Leggendo la sua tipica scrittura criptata e in un linguaggio allusivo celato che “disloca” i nomi alpini in soprannomi “asiatici-esotici, il monte Arunda tra Svizzera e Tirolo qui si legge “Carunda”, le Alpi sono denominate come “monte Tauro”, le rovinose piene nelle terre dei Visconti- Venosta fino a Passo Resia, un territorio franoso, da Sant Angelo Morignone alla Val di Mazia. Glorenza la chiama “Calindra, una città che si trova in queste parti settentrionali vicino ai nostri confini”. La rilettura di questi scritti è come fare una schermografia. Descrive la luce sulla montagna dell'Ortles come la “più alta che al volger della sera si spegne per ultima”. Spiega che da Bormio alla salita della montagna ci sono 14 miglia e così è. I suoi appunti erano fondamentali per stabilire la proprietà delle terre. Glorenza era contesa dalle giurisdizioni di Como, Coira e Trento. La letteratura che parla di Leonardo parlava dei suoi spostamenti fino al lago di Como, questi testi dimostrano che è arrivato fino in Val Venosta, da sempre è stata considerata un pozzo di suggestioni.
Leonardo viveva a Milano già da dieci anni e lavorava come pittore nella bottega di Leonardo de Predis, l'artista di corte degli Sforza. Uno di questi pittori della famiglia fu mandato a lavorare a Innsbruck, e lo stesso Leonardo fu influenzato dal lavoro di questi artisti. Tutto riconduce ai legami con il Tirolo. Il viaggio nelle Alpi gli permise di guadagnare la nomina di Cavaliere e “Cortigiano in Campo”, a patto che non rivelasse nulla di quanto aveva visto ed ascoltato”.
Lei sostiene anche che la sua sapienza influenzerà la costruzione dei manieri in Trentino.
“I principi leonardeschi e i suoi discorsi riconducono ad un'estetica delle parti rinascimentali del Trentino. I castelli come quello di Mattarello, Valer in Val di Non, la Corte di Caldonazzo imitano la progettualità leonardesca. C'è poi il castello di Mattarello che non viene menzionato nella lista pubblicata dalla Provincia di Trento, poiché è di proprietà privata, ma se lo si osserva attentamente è l'esatta copia di Castel Mareccio di Bolzano. C'è l'impronta leonardesca”.
di Roberto Rinaldi © Alto Adige
Pubblicata sul quotidiano Alto Adige di Bolzano Pagina di Cultura
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