Scritto da © ande - Sab, 03/10/2009 - 08:30
Era chiamato così, Pietro, per via della sua bella arte nell’intagliar il legno. Avrebbe desiderato del legno di cirmolo, che ben si presta a queste opere, ma lì a Sambucedro e nei dintorni di Tideri non se ne trovava. E’ un legno alpino. Così si accontentava dei rami di nocciolo ancor fresco; lo sceglieva con cura, cernendo fra i rami quelli che più si sarebbero prestati al lavoro che aveva in testa. Ne annusava l’odore come fosse un aroma, lo spellava lentamente senza intaccarlo, togliendone solamente la “buccia”, come la chiamava lui, cioè la parte di corteccia, che nel nocciolo non è molto spessa e fino ad arrivare alla “dolcezza” del legno vivo, umido e odoroso.
Io bambino, lo osservavo in questi lavori e ne rimanevo incantato. ![]() Tuttora, quando mi capita di passeggiare nei boschi di Sella, o del Lagorai, se trovo un nocciolo, ho quasi l’istinto di staccarne un ramo, di sedermi su un sasso, e riprendere il lavoro, per ritrovarmi ancora con Pietro. |
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