Scritto da © ande - Ven, 25/09/2009 - 23:17
Grazie a Lino, il campanaro, ho potuto visitare la chiesa dei Boschi e conoscerla nei suoi più nascosti recessi. Luogo di magie particolari, risultava essere per me il campanile, regno assoluto di Lino, il miglior campanaro esistente al mondo.
Egli non era molto alto, ma le sue braccia forti e possenti m’impressionavano nel guardarle ed erano così robuste per via di quell'allenamento, il più bello che potesse esserci ai miei occhi di bambino, e che consisteva appunto nel suonare le campane della chiesa. Mi ammaliava seguirlo nei movimenti di tensione e rallentamento, quando tirava la corda delle campagne e sempre mi chiedevo come facesse a sprigionare suoni così particolari e diversi, usando pochi movimenti. Era una perizia, un’arte … Il loro suono mi giungeva all'udito, mentre ero a casa, a volte forte, squillante e festoso, altre volte mesto, cupo e pieno di tristezza. All'inizio non riuscivo a comprendere da cosa dipendesse la diversità di quel suono, finché un giorno Lino... me ne fece partecipe. E lo fece alla sua maniera ... invitandomi a salire su, nel suo campanile. Ricordo l'eccitazione mista al timore... non era cosa di certo consueta invitare un bambino di sei anni fin su in cima al campanile della chiesa. Ma le campane, origine e fonte dei suoni nel paese, erano lassù e Lino aveva deciso di portarmici, di nascosto... Fu un giorno memorabile. Le campane zittivano mentre salivamo piano i numerosi piccoli scalini di pietra che ci avrebbero condotto alla cima. Poi finalmente ecco il varco, l'apertura degli archi verso il cielo e lì, le tre campane di bronzo scolpito. Le ho osservate, immobili e silenziose. Anche Lino non parlò per qualche minuto ... le osservava assieme a me, come fosse la prima volta che le vedeva. Poi con prudenza e facendo attenzione a dove poggiavo i piedi, mi disse di avvicinarmi alle campane e lì, a uno stretto contatto, me le presentò. La Grazia, la campana più grande, quella dal suono maestoso di festa, quella suonata a vele spiegate nel giorno di Pasqua, quella dei matrimoni e dei battesimi. La Cupa, la campana dai rintocchi tristi, quella che annunciava la morte di qualcuno, e che accompagnava i defunti al camposanto. Infine la Nina dal suono simile alla voce dei bimbi, la campana più piccola. Avrebbe voluto seguire la vita di ogni bambino, ma anche la morte delle piccole creature. Lino si mise ad accarezzarla e me ne parlò come stessa raccontando la storia di una persona. Lo fece con una commozione che mi colpì. Mi disse che l'aveva fatta forgiare dal fabbro di Tideri, quindici anni prima, a sue spese, per poterla suonare al funerale di sua figlia, un’esigua creatura nata e morta in soli tre giorni. Mi mostrò un’ iniziale, era una E incisa a carattere gotico, a rilievo sul bronzo. Poi vidi i decori nel metallo: piccoli angeli bambini, con le ali, sorridenti che volavano e sembrava giocassero lieti. Da quel giorno la suonò ogni volta, in ogni tristissima ricorrenza in cui si accompagnava un angelo al cimitero. Gli chiesi se potevo toccarla e lui fu felice di questo mio gesto. In seguito riconobbi il suono della Nina, anche al funerale di Punsen e quel momento mi parve meno triste. |
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