Un giorno mi chiamò. - Vieni qui Gigino … che ti devo parlare-.
Ammiccava sorniona con quella bocca sdentata e il suo eterno sorriso, neppure scalfito dal tempo di tutti i suoi anni. - C'è una starna nell'aia che ha sbattuto, volando, sotto una trave. E' qui, l'ho raccolta, non temere, questa non becca, non vedi che è tramortita? -
Io la guardavo stupito e angosciato per quella starna adagiata fra le dita rozze di Polda, che lavora nei campi, che segue il marito, come un cane fedele, e porta nella sporta due pezzi di pane e l'odore del formaggio di capra.
La starna muove il capino, freme nel corpo, ha una zampetta rotta.
- Gigino vai fuori e portami un legnetto, ma cercalo dritto, vai lì, vicino al nocciolo e staccane un pezzo sottile, ne faremo una stecca e la leghiamo con due strisce di lino.- Mi sembrava di cercare un tesoro ... Poi osservavo le grosse dita della Polda, muoversi piano e leggere, delicate come una piuma e mi chiedevo come facesse ad avere così tanta delicatezza e precisione nel fissare il legnetto alla zampa e nell'avvolgerli assieme con quei pezzi sottili di stoffa.
A lavoro ultimato, mi diede la starna sul palmo di una mano; me l' appoggiò piano piano, mi disse di non farla cadere, di non tremare, ma di sentire quei fremiti fra le piume leggere e quel calore che il piccolo corpo emanava...
Rimasi con la starna sul palmo e in preda ad un certo terrore che l'uccellino non mi scappasse di mano, che mi beccasse o, peggio ancora, che tentasse di volarsene via.
La Polda staccò da un gancio una gabbietta di ferro, di quelle per gli uccelli, ma che talvolta usava per metterci le lumache che catturava in luglio, dopo la riproduzione.
Ritornò dove stavo, l'aprì e su di un pezzo di stoffa avanzata vi adagiò la starna.
- Vedrai che fra pochi giorni sarà guarita - mi disse - poi mi diede una zolletta di zucchero, raccolse la zappa e se ne tornò nell'orto.
Io corsi a casa e raccontai alla mamma che avevamo salvato la starna.
La Polda, Gigino e le castagne
Sul finir dell'autunno la Polda aveva già battuto e raccolto le castagne da quei vecchi alberi nodosi, in un boschetto vicino alla casa. Aspettava che ritornassi da scuola, poi mi faceva cenno col braccio, quando uscivo in cortile per quei quattro salti che mi liberavano dalla schiavitù delle gambe, costrette per ore a star ferme sotto il banco della scuola. Cominciavo a calciare sui sassi, mirando lo steccato della Polda, che chiudeva il recinto delle bestie.
Lei non si scomponeva, anzi, pur con un fare un po' burbero, m’incitava a centrare le stecche più in alto e nel far questo gridava con quella voce un po' rauca, quasi gracchiante.
A volte mi sembra ancora di risentirla. Vedermi giocare credo che fosse per lei uno dei suoi spassi migliori. Non c'erano molti bambini lì attorno, di suoi non ne aveva ed io rappresentavo la sua più bella attrattiva, oltre a raccogliere le uova delle galline o a tirare il collo a un gallo, per poi cucinarlo in occasione delle Sacre Ricorrenze.
Quando entrai nell'aia quel giorno, la vidi intenta a trafficare nei sacchi di iuta dove erano state deposte le castagne raccolte.
-Vieni, Gigino, guarda che grosse quest'anno!
Son proprio maroni! E che lustre, che lisce sopra 'sta buccia! Affondava le mani e le braccia giù giù nel grande sacco, ne raccoglieva a pugni colmi, che poi alzava in alto sopra la mia testa e infine mi mostrava, con la bocca spalancata in un candido sorriso.
- Dai! Tocca a te Gigino! Quasi quasi ci stai dentro anche tu in questo sacco! Prendile in mano su! Senti che dure, che sane! -
Era così che giocava la Polda, quasi ogni giorno con me, e io mi perdevo in queste piccole cose, nei grandi momenti passati con lei.
Solo adesso però riesco a entrare nei meravigliosi misteri della Polda di Tideri...
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