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Un Martini Cocktail?

 
Seduto svogliatamente al tavolino,
fisso con intenzione il mio Martini
mentre tu parli, parli di te, di me, di noi.
Veleni versati nel mixer dei ricordi
e shakerati a dovere, inducono all’oblio.
 
Non ascolto…
 
“otto parti di ottimo gin
due parti di martini dry
versare il martini nello shaker
shakerare con abbondante ghiaccio
mettere il martini da parte
versare il gin nello shaker
shakerare nuovamente
servire il tutto guarnito
da una verdissima oliva…”
 
Non ascolto…
 
L’oliva galleggia pigramente
nel liquido profumato ed incolore.
Precipita a terra la tua sedia
l’insulto mette a fuoco la situazione.
Sul tavolino è rimasto il tuo Martini.
 
Peccato.
 

F come Felicità

le voci dei bambini in strada
che giocano
correndo senza fiato
negli spazi sempre più ristretti del cortile
 
 
quell'improvvisa nota che vibra
perfetta
ineludibile
in una cantata di Bach
 
 
un gesto d'amore inatteso
come la carezza nello sguardo
di uno sconosciuto
incontrato per caso
 
 
quel tremolare della luce
al mattino
prima che il sole esploda
e che la notte muoia
 
 
il battito d'ali di farfalla
sulla corolla del fiore
aperta, spalancata
che s'arrende con gioia
 
 
- qualcuno la chiama felicità
 
 

Per amore

 
L'amore inganna l'impeto di una passione
può far travisare il senso di parole e gesti.
 
Spesso il desiderio evade da ogni regolamento
con trasgressiva inquietudine generando tormento.
 
Si soffre per lontananza di un bacio negato
di un soffio d'intenso svelato in un timido tocco.
 
 
Ma si sbaglia per amore o per troppo amore dato
Succede così che si vive solamente per questo.
 
Soffrire, amare, perdersi è per ciò che si esiste.
 
Atlantis

Già

Già l’amore, cos’è
bloccarsi alla polvere del sole
e ricamminare
con la stessa, bianca
come un bastone

il sentimento dei giorni

 tra dita i grani
dei giorni
misteri di distanze
e di eterni
non ritorni
...
respiro
profondamente
il mio tempo
carpendone
la fuga
con quel che 
mi fu dato
e che non presi
...
tra poco sarà
dietro a me 
ogni cosa
come una eco
o un canto
una litania
di nomi e di volti
 

Qualora

Qualora, il pensiero, potesse
tu lo imprigioneresti, caldo, immune
come l’altro giorno.
vagare
scansionare
questo notte giorno
a darti pace
aerea
senza vuoto. sere.
luci e buie, anima
bella
 

Andavamo così

                  Andavamo così
da un dove a un altro dove
senza passare per il perché
nella fragile tregua del sogno
dietro alle palpebre chiuse

             La strada era bianca
un languido susseguirsi di curve
nel paesaggio inondato di sole
un nastro di virginale bellezza
deserto di passi e presenze

            Ridevamo e parlavamo
noi due camminando vicini
la testa girata a guardarti
i capelli mossi dal vento
dolce brezza nutrita d’essenze

           Ah, che  perfezione qui
-dove si è senza pagare pegno-

 

Lacrime di...falco

 
ho vestito la giubba lucente
da falco, di penne non mie
per ghermire giornate intense
rubare colori e luci d'occhi
scompigliare crini d'oro e neri
provar brividi sensuali da picchiata.
venne che imprudente l'artiglio
affondò in quel languido petto
abbandonato fiducioso offerto
e fu fiotto caldo vermiglio
a picchiettarmi l'ale.
così non è più lo stesso
il volo, mai più tanto alto
né veloce e rapace.
stinta la livrea dei giorni buoni
spesso, involontaria una lacrima
mi vela viepiù la vista
così resto al posatoio
che buttarmi, da allora
mi fa gemere gli occhi.
 
 

E per l'uomo si attende ormai un nuovo inizio

È incredibile come la rappresentazione della figura umana rispecchi il sentire di un'intera epoca. Ci sono delle cose di cui non smetterò mai di stupirmi, poiché si danno per scontate, ma quando le si osservano più da vicino ecco che l'Illuminazione incombe. Una verità si spalanca di fronte agli occhi, rimasti bendati fino a quel momento.
Stavo scorrendo delle opere presenti fra le foto del gruppo "Pop Surrealism" su facebook, quando ho notato, tra diversi artisti, una tendenza comune, quella di deformare la figura umana. Ciò mi ha fatto riflettere su come, appunto, la figura umana, la nostra più prossima rappresentazione in quanto raffigurazione di noi stessi, sia la prima a risentire degli sconvoglimenti storico-culturali della società. Dalla possanza delle sculture classiche, all'uomo etereo-simbolico del Medioevo, ancora all'uomo a tuttotondo del Rinascimento, per citare qualche esempio lampante.
E adesso l'uomo come è? Come sta? Ce lo dice l'Arte, sempre lei.
L'uomo del nuovo millennio è un uomo deforme. Teste giganti e occhi piccolissimi ben distanziati fra loro, è un uomo scarnificato [come in Chris Peters], un uomo che non perde la sua essenza di umanità, ma che viene letteralmente inghiottito dal dramma della contemporaneità e che si rifugia in mondi fantastici, il famoso Wonderland di Alice, oppure in mondi in cui le sue membra vengono orribilmente lacerate e l'anima dilaniata, un mondo in cui diventa cavia da laboratorio.

Quando partimmo era secco

Il laccio torrido del gran caldo asfissiò
dal collo il pozzo:
 
asciugò prima la fonte nella bocca.
 
Mettemmo i rabdomanti tra le vene della terra
per capire dove fosse il suo sangue.
 
Emerse lo scheletro concavo dell’acqua
nemmeno elastico con quei vituperati salti
dal canneto
fino ai giovani giunchi:
nessuno di loro aveva radice in quel luogo.
 
Lo stecco tremò di sete dove lasciammo l’acqua dei reni.
Lui assaggiò la terra, sputò e riconobbe il cane.
 
Capiva meglio la pioggia.
 
Al che noi partimmo all’ora della fame
con più digiuni che pane a venire.
 
E veniamoci, qui, adesso.
 
Con amore
l’orizzonte allinea il precedente e non combacia,
come a memoria corriamo le macchie
di soppiatto per verzure è un occhio.

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