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cose così

Ce starei bene...co' lei

Comincia quasi sempre così, che l’incontri pe strada e t’arivorti appena che è passata…
 E dici: ammazza che forme e che occhi, belli come du fanali o…du fanali ar posto dell’occhi?
E mentre passa senti quer profumo…è ‘na miscela che nun se po’ di’, ‘na cannonata…
Ce vorresti uscì, avecce ‘na storia seria co lei, ma…nun c’è posto pe li marmocchi!
 
E cominci a fantasticà: ‘na gita fori porta…’na passeggiata ar mare…tenella stretta…
E quanno sei arrivato, pe paura che quarcuno je metta le mani addosso,
nun la lasci nimmanco pe annà ar bagno; stai co’ lei, te fumi ‘na sigaretta…
je parli, la guardi, la rimiri, l’accarezzi…je fai li complimenti a più non posso!
 
E già, de lei te devi da pijà pe forza cura; così se piove ve ne state ar coperto,
si c’è troppo sole l’hai da protegge, ce basta pure ‘n fazzoletto, e si se gela…
mejo sta ar carduccio e magari…je monti sopra…lei tanto ce lo sa se sei esperto…
lo riconosce subito qual’è er manico che dietro a ogni omo se cela.
 
Basta sognà. Co’ lo sguardo la seguo finchè la vedo che scompare all’orizzonte
e me dico che pur de toccalla me tajerei le vene co ‘na lametta…
Che sensazione strana, er core batte forte, er sudore me gronda da la fronte…
E stanotte me la sognerò…ma quando sarà mia quella motocicletta?
 

 

Sunrise

vieni a farmi l'alba serena
sole
una mattina piena delle cose
che ho sognato
lisciami, carezzami coi raggi
da sembrare baci
che senta un calore, almeno
e se non sentirò
il profumo dei capelli
l'odore della pelle
userò la fantasia
e mi regalerò un sorriso
quasi vero
di piacere.
 
 
PS. inspirata alla canzone di Norah Jones, stesso titolo.

Gita in moto

 
luccicano le tante cromature
come il baluginare dei finimenti
a tradire l'irrequietezza d'andare
e la salivazione che il morso
fa colare dalla bocca equina
sono per lei gocce di benzina
che perde un momento appena
prima di partire.
calzo la tuta, il casco lucido potente
come un elmo da combattimento
i guanti moschettieri stretti al polso
liscio la sella che m'alloggi al meglio.
l'ho tra le cosce ed è già emozione
attuo il contatto, s'illuminano i led
a testare ogni funzione
un respiro lungo, mi assesto bene e
accensione!
attacca un canto, inizia una funzione
che morbida rotonda "al ciel muove
le penne" in tono basso "flebile solenne"
che dal piacere fa accaponar la pelle.
un breve ruotar di manopola
per convenir la mossa, accelero, s'alza il rombo
vanno cavalli motore alla riscossa
tuonano il loro si!
ora si parte.
 

Il prezzo di quello che perdi è lo stesso di quello che dai.

Ma se una volta.. fosse stata anche solo una volta… una sola volta. In sogno mi fosse arrivato un segnale. Accidenti. Un semplice segnale… Con l’aria di portarmi un amore nuovo. Una novità nel cuore. Io forse non avrei mai pensato di farla finita con questa vita.
E’ difficile spiegare da dove vengano fuori questi gesti. Che se uno ci pensa con calma e cerca di capire non riesce a spiegarselo. Eppure, c’è chi sceglie questa strada. Forse un vecchio veleno del passato, una specie di cancrena nel cuore. Forse non sarebbe mai andato via. Non avrebbe mai voluto se non si fosse sentito solo.
Una volta le disse: accorciati quella gonna, che sembri più vecchia tesoro. Lei sorrise. Quando si ripresentò sembrava una ragazzina e rideva come lui non ricordava da tempo. Era bellissima e aveva quell’aria di chi potrebbe fuggire all’alba dalla porta di servizio e sul bordo del precipizio fuggire sulle orme di Telma e Luise.
Lui lo sapeva. Lei si mosse nella penombra facendo si che la sua siluette proiettasse l’ombra sulla parete e lui seduto sul divano immobile come incantato non le staccava gli occhi da dosso.
Lui che si metteva al sole quando pioveva le avrebbe detto: “amore mio non ti stupire di questo mio cuore che spesso piange l’amore” e forse le parole gli si sarebbero inciampate in bocca preso dalla commozione e poi ancora; “tu sei come una bambolina di porcellana sul divano del salone del castello ed io…. sono sempre stato un bimbo che rompe tutto”.
Ma il prezzo che paghi spesso equivale a quello che hai dato disse mentre estraeva dal nulla una pistola sottile e minuscola. L’appoggiò alla tempia e sorrise. Lo sparo echeggiò nella stanza, sulle scale… l’intero palazzo ne fu avvolto. Lei si inginocchiò davanti a lui piangendo sommessa. I secondi che arrivarono ed io ero tra quelli, vidi i primi davanti alla poltrona inginocchiati per terra vicini a lei che piangeva sommessa. Come davanti alla Pietà lei continuava a ripetere… tu mi hai dato la vita, così me l’hai tolta… non è vero quello che dici… non è vero…
Poi la polizia interruppe la poesia e tutto sembrò identico all’articolo del quotidiano che apparve il giorno dopo… e la gente diceva che pure lei si sarebbe uccisa.
Lei era già indaffarata a pulire la casa che il sogno era finito… un sogno era finito ancor prima di incominciare…

Cose Così [per non precipitare]

 
Ticchettio di questo tempo tiranno
che incide il mio volto di canzoni,
fiaccole accese, viavai di discese
volo d'azzardo per non precipitare.
 
Manuela
 

quando mi baci

 
Quanto mi baci
quando mi baci
e come e dove
io
non lo so dire
ma ti dono il mio tempo liquido
e tu lo bevi
tutto d'un fiato

I quadri di mio padre

Io non avevo altro
che i quadri di mio padre.
No, non ai muri: qui.
Stanno nella mente
appesi a verbi nudi
con il chiodo non:
non essere
non fare
non dire
e altri senza suono.
 
Ora, con uno schiocco
tipico di lacrime,
lui esce sempre da un perché
e me li mostra
come una discendenza di rami.

Non dimenticarti mai di sorridermi

Il mare è liscio come un coltello
il drago marino emerge
la coda che alza onde e schiuma.
C’è chi l’ha col fratello
per lo stemma della scuola
che lui vuol portare giù
insieme a una vecchia Fender.

“Non dimenticarti mai di sorridere”.
Diceva scherzando.
“Perché io voglio sempre pensarti cosi”.
Era un volto che mi portava via.
Chissà dove, ma così lo ricordo
e lo perdo ogni istante di più.

Un hotel cinque stelle tra le nuvole
un incantesimo, un castello nella nebbia.
Ride lui, capelli lunghi legati dietro.
Occhi chiari e non sembra far male.
Non ho paura, anzi sorrido. Un angelo in cielo.

C’è la punta bianca di un monte laggiù
E poi qualcuno che mi parla accanto.
Eravamo seduti su poltrone in fila
Uno stretto corridoio alla mia destra:
“desidera signore?”
“Un caffè caldo grazie, vorrei svegliarmi sa?
Ma non riesco.... Non capisco più che succeda
la mia città da quassù... ma perché è un bosco?"
“E’ avvolta dalle piante ormai da tempo
come fa a ricordarsi? Sono passati cent’anni
signore e lei ne ha molti di meno, mi sembra”.
“Non capisco più nulla mi manca l’aria”.
“Signore, ma lei riesce a respirare?
Si sente male, signore?”

“Svegliati tesoro! Svegliati!! Svegliati ti prego...
è solo un sogno... amore mio”

La luce del mattino mi abbaglia gli occhi.
Sento le pareti della stanza stringermi le spalle.
Socchiudo gli occhi appena.
Sei qui? Sorrido appena.... e sottovoce:
“Grazie”.
“Di cosa, amore mio?”
“Di avermi riportato giù...”
“Non potevo fare altro che questo, non respiravi più.

E non potevo pensare di restar
...senza te.
 

4 - 5 - 6

Spesso occhi e tocchi sono corti. guidano i camminamenti
le rincorse vuote. vorresti prendere senza esser preso.
suonano a vista le campane, quand’occorre. lei non sa
che non la vedo lontano: sa che l’odo. sento la voce, e devo dormire
per apparirle. ma non vedo in giro di belli che la rubano. non è
merce, non è rara: è unica. allora mi dico che arrendersi è più male
del male stesso come se in gioco ci fosse
un perché non farlo e si facesse.
 
Quindi lui, l’occhio, si butta passando a destra
e là. direi che tocca ogni tua cosa per sentirla sua.
per credere che sia vera, usa le mani. non le stesse mie:
le stesse tue; ma non vede da lontano e insidia di brutto. prendi me,
ad esempio, vedendoti alla finestra la schiena,
credo al sorriso dell’attesa e tocco i miei denti;
ed anch’io aspetto, nient’affatto ridendo.
 
Parleresti a qualcuno che non c’è, mi dico e taccio,
ma rideresti se io lo facessi dalla porta,
incespicando a un cenno d’abbraccio, gli occhi che ancora
non si toccano più delle labbra? ci vorrebbero mani diverse
ma solo le nostre con quell’abitudine ad essere altrove.
non lontano, al buio.

solitudine

 
 
Che colore ha la solitudine?
Che peso, che forma?
Una nera rosa di rasoio
che stride e lacera
la mia maschera tranquilla.
 
 
 

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