Scritto da © Bruno Amore - Ven, 19/03/2010 - 20:30
Cantar di fiume
So di una donna
di pietra dura pura
ossidiana lucente
scheggiata dalla vita
lottata sudata conquistata
che si veste dei lai
di tutta una contrada.
graffiandosi l'anima
si squassa il cuore
per riempirsi la vita
di tormentato amore.
ha i piedi nel limo
quasi sinaptiche radici
col mondo delle piene
delle fatiche umili
per buscare il pane.
canta del suo fiume
sulle cui umide rive siede
tra canne fruscianti sogni
sulle prode di golene
immaginifico lido di sirene.
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Scritto da © Franco Pucci - Ven, 19/03/2010 - 07:34
Buccia.
b
u
c
c
i
a
il pensiero di te
come un frutto rigoglioso
pendeva dall’albero dei ricordi
l’ho colto e ne ho tolto la buccia
incidendola con la lama del tempo
ma si è afflosciato tra le mie mani
ricordo, avevo divorato la polpa
quando tra noi l’amore era fame
e ho sparso invano i suoi semi
sperando in un’altra fioritura
ma si è riempito di niente
eri un pensiero
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Scritto da © Anonimo - Gio, 18/03/2010 - 18:02
Il gesto di Marta
Eravamo sulla roccia a strapiombo, dove la costa è uno sperone del tutto simile ad un dito puntato nell’occhio verde del mare e le onde del med sembrano un continuo battito di ciglia che umidifica per liberarsi dal granello di calcare.
Fermi alla curva, proiettati sullo sbalzo che regge una terrazza naturale dall’incredibile sapore di pericolo, osservavamo a destra la baia a cui dava luogo lo stretto promontorio sul quale, chiusi l’uno all’altro, ci aprivamo al sordo rimbombo sotto i nostri piedi: sembrava provenire dal centro della terra ed amplificarsi in noi suoi timpani, ma era solo il mare.
Quaranta metri più in basso, il terrore svaniva in una morbida spiaggia bianca che pareva un sorriso di bimbo, e le ginestre, sulle pareti dell’imbuto, quella indomabile chiosa gialla che accompagna una chioma rada ma fluente di macchia mediterranea.
Poco prima, il vento della velocità, nella decappotabile nera, aveva scompigliato pensieri ed attese, come capita negli improvvisi rovesci della sorte, che portano dall’attimo della più ampia serenità al pozzo del tormento: quasi che le ostruzioni di colpo si frappongano con un rapido gesto intromesso.
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Scritto da © Manuela Verbasi - Gio, 18/03/2010 - 12:31
Cose Così [alle scosse e ai fulmini del tuo tuonarmi]
Scendo precipitosa una scala di marmo, sciolti i sandali, il freddo sulla pianta del piede. M'intingo del blu delle pareti, sciolgo i fiocchi ai pacchetti sulle nicchie nel muro. Sa di primavera ed è già estate, quest'arietta tiepida che muove le gonne, scondinzola sulle caviglie scoperte, porta a passeggio il quotidiano ai marciapiedi. Leggi tutto »
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Scritto da © Franco Pucci - Mer, 17/03/2010 - 15:52
Vero o falso?
dipingo, invento, tratteggio, infine scrivo
passato e presente che si confondono
vero e immaginario a volte ironicamente
creato ad arte o vissuto, a voi il giudizio
passato e presente che si confondono
vero e immaginario a volte ironicamente
creato ad arte o vissuto, a voi il giudizio
non svelerò il mio essere fino in fondo
ma scriverò di un’altalena di emozioni
di storie vissute, giovani amori perduti
forse veri e sinceri o solamente sognati
ma scriverò di un’altalena di emozioni
di storie vissute, giovani amori perduti
forse veri e sinceri o solamente sognati
ma poi, cos’è il falso e dov’è il vero?
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Scritto da © Alexis - Mer, 17/03/2010 - 15:34
Jan Matejko, Stanczyk, 1862
Pensieri di un Giullare
E solo, qui seduto, penso:
"Come sarebbe il mondo senza il suo giullare?"
Senza il facile riso al volger di ogni sua trista pagina,
senza la mesta ironia di un giorno che, prima o poi, diverrà ricordo
lasciando solo vaghe tracce di sé e del suo disperato pianto,
senza quello zucchero che si mescola al sale di una lacrima di sangue?
Come sarebbe il mondo senza il suo giullare,
senza il tacito assenso al patto con la sovrana morte?
E come sarebbe il giullare senza il suo amato mondo?
Qui seduto sto e
- rimembrando -
il pensier mi pongo.
"Come sarebbe il mondo senza il suo giullare?"
Senza il facile riso al volger di ogni sua trista pagina,
senza la mesta ironia di un giorno che, prima o poi, diverrà ricordo
lasciando solo vaghe tracce di sé e del suo disperato pianto,
senza quello zucchero che si mescola al sale di una lacrima di sangue?
Come sarebbe il mondo senza il suo giullare,
senza il tacito assenso al patto con la sovrana morte?
E come sarebbe il giullare senza il suo amato mondo?
Qui seduto sto e
- rimembrando -
il pensier mi pongo.
Jan Matejko, Stanczyk, 1862
Ispirata da un dipinto di Jan Matejko
Alexis
17.03.2010
Alexis
17.03.2010
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Scritto da © Bruno Amore - Mer, 17/03/2010 - 09:06
Aspettare
La bianca mi guarda
aspetta, io penso altro
ho in mente azzurro
non so bene se di mare
o d'occhi luccicanti.
e fisso il vuoto
un mestolo appeso
una sciarpa un cappello
la giacca al beccatello.
mi monta la voglia di andare
che qualcosa in qualche posto
lo so devo alfin trovare
per calmare questa fame o sete
questa inebriante voglia
di aspettare.
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Scritto da © Ladybea48 - Mar, 16/03/2010 - 17:22
Sogni perduti
Sospesa a mezz'aria
come un palloncino,
sputo l'anima ogni giorno
rincorrendo sogni infilati
in corone di rosari.
Spulcio i grani ad uno ad uno
per mille e mille volte
come un mantra,
ma i sogni ormai
se ne sono andati,
perduti.
Inutile cercarli.
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Scritto da © MaLaLingua - Mar, 16/03/2010 - 04:16
rinascita
G.Klimt - Veritas
Stipo
sottopelle
odori colori pene
e mi riempio
allargando le maglie del tempo
Sono gravida di luce.
L' esplosione
avrà odore soave di vita
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Scritto da © Manuela Verbasi - Lun, 15/03/2010 - 11:04
Amare.
Viaggiatori 5
Mi assassina il secondo giorno muto, spengo le ore, vado a tentoni bendata, non vedo i colori, non sento. Ho pensieri verde scuro, così come le foglie delle fragole abbandonate sul piattino. Spero in un pensiero fruttato che rimbocchi le mie federe di dolcezze. E mi concentro sui sorrisi degli altri.
Reagire.
Non morire.
Amare.
All'infinito.
Disegno giardini e creo accordi rossorosarosso, gomma pane sulle malinconie, sui lividi invisibili da fuori.
Le tue mani sono calde, le ho sul viso e sui fianchi. Le ho e tanto basta.
Cos'ha il tuo cuore ch'esplode in scintille, ed ognuna mi arriva e m'accende? Cos'hai tu che rallenti di sorrisi, quest'ansia soffocante?
Rilanci di parole del tardo pomeriggio, il vocio, il cinguettare, il corteggiamento.
Cotoni le nuvole,
fammele vedere coi tuoi occhi.
Ponile appena sotto i nostri passi.
Dimmele.
fammele vedere coi tuoi occhi.
Ponile appena sotto i nostri passi.
Dimmele.
Le stesse parole, galleggiano su tutte le altre, fanno il giro ed atterrano impavide. Te le devo dire. Te le voglio dire.
Amore mio, mio unico
Amore.
Manuela
opera di Schiele
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