Scritto da © Franco Pucci - Mer, 03/03/2010 - 04:30
Chi di spada ferisce...
parole incise con il temperino
lame fendenti il suo cuoricino
a prima vista la sua semantica
mi appariva davvero romantica
lame fendenti il suo cuoricino
a prima vista la sua semantica
mi appariva davvero romantica
così mi son detto è proprio amore
versi che vanno diritti al cuore
poi mi sono infilato gli occhiali
ho letto: erano frasi molto banali
versi che vanno diritti al cuore
poi mi sono infilato gli occhiali
ho letto: erano frasi molto banali
deluso pensai ora vado a dormire
oppure il mio drink altrove a finire
troverò di certo aperto qui vicino
un altro bar, un altro tavolino
oppure il mio drink altrove a finire
troverò di certo aperto qui vicino
un altro bar, un altro tavolino
dove bevendo la mia solitudine
inciderò, come di consuetudine
questo pensavo al bar lì sul molo
non mi accorgevo che non ero solo
inciderò, come di consuetudine
questo pensavo al bar lì sul molo
non mi accorgevo che non ero solo
sentivo occhi bucarmi le spalle
di colpo voltai lo sguardo alla calle
non v’era nessuno però una voce
diceva “sono come Cristo in croce
di colpo voltai lo sguardo alla calle
non v’era nessuno però una voce
diceva “sono come Cristo in croce
incidi su me le tue oppressioni
e non ti curi delle mie emozioni”
sono sicuro, non c’era nessuno...
una lacrima rossa sul mio tavolino
e non ti curi delle mie emozioni”
sono sicuro, non c’era nessuno...
una lacrima rossa sul mio tavolino
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Scritto da © ventodimusica - Mar, 02/03/2010 - 22:33
Il foulard
Un foulard come un pensiero
un foulard e il vento tra i capelli
di mattina
la musica addosso
lo sguardo alle nuvole
cantavamo
di certo
quando il cielo ci ha visti
e di doni ha riempito i paesaggi
di tinte e fragili suoni.
Un foulard
se annodarsi non è proibito
il sorriso
il sorriso!
ha tenuto la virgola
quest’oggi.
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Scritto da © mondoamfortas - Mar, 02/03/2010 - 20:11
in corsa ...
Una lacrima si ferma all’estremità
del pianto,
chiuso in un angolo il tempo conta
la sua caduta.
La roccia scalfita dal vento
disegna forme geometriche,
ma le soluzioni si fermano
nel battito di un secondo.
Cerco tra le pieghe di un foglio
una lettera mancante
nelle note di un violino,
è solo il grido di una stella che cade
nel silenzioso suo mondo, incompresa.
Sfreccio,
sfiorando il mio volto nella barba incolta,
tra aliti e soffi di pioggia caduta sul vetro,
formando venature senza senso,
ma cariche di tensione,
la ricerca del perduto, in un futuro presente.
Una mano conduce quel filo attaccato ad un ago
nell’orlo della vita,
cucendo l’attimo, stracciato da un impulso
che porta assente lontano…
Amfortas
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Scritto da © Rosario - Mar, 02/03/2010 - 15:28
Nulla
Nulla
tranne l’assenza
di frivole parole
scorrenti
in questo torrente
indifferente al freddo
d’una mente scrivente
tranne l’assenza
di frivole parole
scorrenti
in questo torrente
indifferente al freddo
d’una mente scrivente
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Scritto da © Bruno Amore - Mar, 02/03/2010 - 08:43
Il "pullover".
Nei vinchi intrecciati
si srotolano si intrecciano
fili multicolori lanosi
dai gomitoli di avanzi e
s'inerpicano dondolando
anche il gatto eccitando.
Su per gonne lunghe scure
convogliati da un mignolo
sollevato appena a incanalarsi
lenti nel ticchettio di due
lucidi ferri aguzzi e lunghi
che li raccolgono maglia
dietro maglia per ore e giorni.
Prendono forma e dimensione
in rinato povero coloratissimo
e s' incigna fiero il dì di festa
alle undici nella collegiata
tra i sorrisi di chi sa da sempre
chi impara e ricorderà chi
e come precorse "missoni".
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Scritto da © taglioavvenuto - Lun, 01/03/2010 - 21:20
Il nostro patto
Sono stese le anime, in pace.
Irradiano luce
comprendo;
l’una al di qua della siepe dell’altra
Nel crepuscolo che
disfa labbra feroci
i carri, le maschere
Si riempie
la bocca dei monti, instabilmente
veloci ti vengono incontro. Del sapore di fragole
mature. Tu non sai
dove, nemmeno da quando. Presagi, promesse
futuri tracciati
ad ovest
dell’assenza, molteplicità
che già t’uccide
Non resta
che divertirmi
Una ritrosa formica
l’amica di questa sera
Rotolarmi con lei nella polvere
tu sai vero
dell’acido formico
Sia questo il nostro patto
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Scritto da © ariele57 - Lun, 01/03/2010 - 18:51
colloquio tra acque
mannaggia,eccoti di nuovo ,basta.
va bene che siamo della stessa pasta,
ma concedimi pausa,
non resa ti chiedo.
sono giorni che martelli,
erodi,giusto si ,rompi,
di giorno ,di notte,senza
riposo,insistente.
non sei nelle mie corde
ma per amore del silenzio
imploro pace.
si ,trovo la tua presenza necessaria,
ma c'è un limite
al ritmo.
e tu sei alquanto invadente,picchi,e
non lasci spazio,anzi trasbordi
che persino il mio cane
si rifiuta d'uscire a far pipì
al sol vederti.
e tu, non so se per dispetto
fai finta di fuggir lontano
a cavallo del vento,uno sprazzo di sereno
ed il fiato rimbalza.
poi ,con la coda dell'occhio
vedo che hai chiesto rinforzi,
cirri ,nubi, nembi ,tutti grigi grigi,
fin belli da guardare
a testa in su,ma tu nascosta
tra i lampi
porti la tua essenza fin
sulle mie ciglia.
non ti sopporto,
divento logorroica con te,
ho deciso,se ci stai ,
dio proporti un patto.
io sto zitta se tu taci .
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Scritto da © Rosario - Lun, 01/03/2010 - 16:01
Scuola
Imperterrita
vita maestra
ancora mi interroghi
Mentre m’arrampico
Mentre m’arrampico
su questi logori specchi
ormai lisci
ormai lisci
infimi e scivolosi
Se solo studiassi
Se solo studiassi
almeno una volta
potrei preparato
offrirmi a te volontario
senza sperare
sempre
che passi l’ora
che passi l’ora
e la paura
da rimandare al domani
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Scritto da © Franca Figliolini - Ven, 26/02/2010 - 18:38
Io - clochard
Potrei accucciarmi lì vicino - fra i cartoni
circondata da buste di plastica polverose
piene di abiti vecchi e fogli di carta
ricoperti di scritte ormai indecifrabili
Avrei un cappello di lana spessa color carminio
ed un cappotto sformato di colore indefinito
i capelli impastati dallo sporco cittadino
Soffrirei - sì - ma almeno ne saprei il motivo
una qualche ben articolata e surreale congiura
contro cui imprecare a voce alta e pugni chiusi
non la cieca indifferenza dell'esistere
non il silenzio - né la paura.
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Scritto da © Manuela Verbasi - Ven, 26/02/2010 - 13:18
Viaggiatori 3
Ecco il vuoto, mi si para innanzi, non lo so evitare. C'è roccia liscia e poco verde, manca la presa, precipiterò.
L'ansia
toglie la lucidità, in questi momenti servirebbe.
S'inerpica lo sconforto come uno stomaco in gola, su o giù di lì.
[Liane
cercai dove appendere figure plastiche,
tutta un'esistenza
di bambole e di alberi di Natale
accesi].
Inutilità di me.
Confusione
di gente di corsa sui treni in ritardo.
Rumore
di voce metallica, sopra un paio di coperte a terra.
Negli angoli
della mia esistenza c'è troppo spazio.
Cammino
senza guardare dove.
Al freddo
distesa.
Solitudine
fammi compagnia in questo strazio chiamato vita.
Non vedo nessuno,
nemmeno chi si sposta dall'odore di mani tremanti.
Attesa,
in uno spicchio di stazione quasi casa,
il posto
per morire in pace.
Stazione FS di Venezia Mestre, febbraio 2010, clochard, donna, età apparente: oltre 80 anni. Fra l'indifferenza di centinaia di persone. Io osservo, sono parte dell'indifferenza. Posso darle 10 euro. Niente più che un gesto piccolo. Mi sento a disagio per l'elemosina e perché sono parte di una società che permette questo. Troppo abituata al dolore, troppo concentrata sulla mia gioia, tempo mezz'ora e dimenticherò. Perdo il mio treno.
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