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blog di fabiomartini

Harbingen

Una notte di stelle, compresi
Chagall e il suo vento.
Il sogno, un gioco di mani,
il suo viaggio,
la vita che lasciava alzando tele
infinite
e donne
al soffio del temporale...
Altrettanto infinito.

Guardai estasiato
una sposa, una luna caduta,
un piano... e nel vetro vi lessi
la lieve rugginosa Russia
e nel tratto iniziale, Guillaume che rideva.
Vedevo e sentivo
un pesante fardello.

Un viaggio, poi un altro e un altro ancora.
Eterno e infinito
in terre lontane
e a volte vissuto come il pianto
che scivolando scema.

Un antico castello,
carte al vento,
una semplice domanda
sussurrata
tra la mano e l'orecchio:
"Vuoi viver con me?" E Cecilia sorrise
che fino alla fine seguì
senza sosta, il maestro. 

Ma come vuole la vita,
la mano tesa, un giorno tremò.
"Digli che ancora vorrei 
dipingere il bianco". Pregò la sorte.
Ma lei non rispose
e nel vuoto, il vecchio, annuì.
L'agguato non tardò...

Ma Bella era accanto,
come il primo giorno
...accanto.
Alla fine del ponte sorrisero
tra i due orecchini, gli infiniti occhi
neri come un carbone,
o qualcosa d'uguale o acetilene a pezzi
o qual'altro intruglio che propina la vita
dopo la morte. Tendente al grigio.
Che di grigi s'ammanta.

Un mare senz'onde o l'onda che lenta
ritira
per tornare come i suoi mostri
teste animali...
il violoncello, una sposa che vola
ed il blu
e gli occhi tristi dello sposo...
Il signor del fuggire assorto
e della tristezza.

Fu così che quella volta

Alle sei del mattino

Erano le sei del mattino.
Le sei di un triste mattino.
Urlavano di uscire tra spintoni e sputi.
Cadde due volte a terra
sempre si alzò
solo perché il dolore
pensava: “Mi rovinerebbe il cuore”.
 
Erano le sei del mattino.
Chiese di chiuder la porta
e ridevano come i pazzi
alle sei del mattino.
Volavano le chiavi nella polvere
alle sei del mattino.
Pare che vicino al pozzo
alle sei del mattino
chiedesse di piangere.
Le donne pregavano sottovoce
che su quell'ultimo verso di strada
a quell'ultimo pozzo
sempre ho pensato
luna lunera non v’era… purtroppo.
 
Quell'ultimo verso
tra vita e cielo, meritava il cielo
e il cielo lo accolse.
Erano le sei di un triste mattino
quando il tarassaco fa i fiori
e i sogni se ne vanno
nel soffio del vento del sud
ardente e bruno.
Alle sei di quel mattino
il sole apparve, poi si perse nel profondo
di quei colpi. Come morisse il giorno.
 
Manuel, Joaquin, Dioscoro e Garcia
erano lì piangendo sommessi.
Si piegarono in ginocchio 
e Granada era solo un puntino.
Fuentegrande aveva donne
dietro alle finestre che sgranavan rosari
e le dita erano lacrime
…alle sei del mattino.
La spagna piangeva in silenzio
alle sei del mattino.
Il mondo si piegò attonito
alle sei del mattino.
La storia ruggiva alle sei del mattino.
Alle sei di quel triste mattino.
 

Autodafè

Luna, tu che fuggi via.
Tu che il mio strazio ascolti
urla a Cristo adesso
che riaccenda la tua luce spenta
per favore.

Il mio cuore

strappato via lentamente
dal profondo di questo taglio
mai più, il mio domani altre notti
vedrà.

I prossimi sentieri per voi

saranno rosso demonio
troverò selvaggi mattini
e tornerò da voi
per maledirvi.

Di nero mi si accusa

e di un raggio rubato
dalle nere bestie
sanguinanti di Cardinali Uffizi
io muoio.

Gettate i vostri cuori
e non piangete

e voi che guardate laggiù
rispondete con urli di rabbia
che non sian peggio
dei miei latrati.

Cosa esigete dai
gatti neri?
Che i galli sputin sangue
sulla nera sabbia?

confessioni mie strappate.

Supplizi miei, urlati,
ma il coro langue
e le paure che strappano le carni
ai cani, voi gettate.
 
Travaglio di dolori in questa stanza
scura di pinza e garrota.
Il fiato che manca
allo strazio non mi uccide ancora
e non svengo a queste catene.

Dolore e fustigazione a ferro e fuoco
e io brucio dentro.
La morte, unica amica,
da Santo Ufficio frustrata mi cerca.

Dal carcere alle torture

mai bando fu peggior galea
pena e morte più che mai voluta
alimenta il rogo del vostro dio.

Processione di giustizianti che siamo
noi dannati.
Il Santo Uffizio erige a noi l’impalcatura del fio.
Pregate il sermone e che

si faccia presto più che mai.
Io lodo l’Inquisizione

Ciao pa'

 
Di quella sera ricordo
il malinconico lamento dell'imposta
che il vento sbatteva contro il muro
e si perdeva nel mare.

E quell'ultimo tuo cenno del viso
così quieto e sereno, mi fugge
dietro al fumo del motore sulla strada
all'ombra di quell'insegna di benzina.

Ma non sarebbe per me una sorpresa oggi
vederti seduto sul quel gradino
mentre scendo le scale che dalla strada
portano al borgo.

I riflessi della luna sull'acqua sono chiari
ma nessuna luce più giunge dal borgo
mentre ancora in fondo al sentiero, là sul mare
le lampare aspettano gli amanti come lucciole d'estate
a Portofino.

Guardo le onde andare, venire e andare
vedo i ricordi fermi nel tempo...
Ho ancora negli occhi la barca sospinta dal vento
ma l'ho persa ormai
e il tempo, l'è passato accanto.

Resta il tuo sorriso ritratto sul muro
i tuoi vestiti appesi in solaio.
Restano lettere sovrapposte nel cassetto
e fotografie.
Rimane purtroppo... anche il silenzio.
Ho dimenticato la tua voce
in qualche anfratto misterioso
della mente...

Ma quel pomeriggio al porto, eravamo noi.
Tu sorridevi e così si passava il tempo
ed io così ti ricordo.
Da li per me tu andavi via per mare

mentre veniva sera.

 
 

Sotto questo cielo blu

La notte mi difende
come sempre.
La sua mano
copre il mio cuore
come un sorso d’acqua
un sonno ristoratore
o un gatto che fa le fusa.

Scrivo in versi
quasi sempre appollaiato
sul lato oscuro della via.
Ma a volte,
tra le curve ripide
e il pendio, mi trasformo
e scrivo ballate infinite
frasi tra musica e rime.
E da sempre,
mentre scrivo
ascolto canzoni…

il mio segreto.

Scorrono le dita
sulla tastiera che quante cose
ha scritto per me.
Quante ore dedicate
ai miei lunghi viaggi
al mio girovagare assorto
alle mie voglie più recondite.
Sfogo naturale
…scrivere.
Esorcizzare questo mondo
inutile e ingiusto
che di questi “in”
si potrebbero inondare
questi fogli di parole
e altri panegirici.

Ebbene…

stanotte scrivo per te
amica mia.
Importante scritto
dirai tu
da questo di fine duemilaquattro
ad un’amica lontano.
Come una mano aperta a salutarti
o un fazzoletto sventolato
o una serie di tempeste
in mari di predicati
oggetti suoi complementi
e soggetti
…qui posati.

Da dove cominciare?
Magari che ero un gracile ragazzino
un mattino in una stanzetta.
Una chitarra da suonare
cantandoci sopra qualcosa.
Oppure che lì
trovo un vecchio libro
di canzoni tradotte
testo a fronte

“Canti di rabbia”
o qualcosa del genere
di un certo Dylan Bob
che se mi giro
da qualche parte qui
magari ritrovo
anche adesso.
dietro a qualche fila sovrapposta

Un applauso scrosciante

 
Avrebbe voluto anche lui un applauso scrosciante. Di quegli applausi dedicati e straordinari. Di quelli che spellano le mani a chi li offre e riempie le orecchie di chi li riceve tanto da non voler smettere d’ascoltarli e non sentirli cessare.
E lui nonostante i suoi anni e i viaggi percorsi e chissà quali emozioni, vittorie e sconfitte, non li aveva mai ricevuti neppure una volta, neppure una stramaledettissima unica volta.
Magari quell’unica volta, ai tempi d’oro, quando in piedi sopra la cattedra all’università urlava come un ossesso per chissà quali motivi e smuoveva emozioni.
Oppure quell’altra volta che, da bimbo, era uscito indenne da una caduta improvvisa tra gli scogli finendo in una pozza d’acqua e ricomparendo qualche metro oltre, in mare aperto un po’ più in là e la felicità nei presenti aveva fatto esplodere l’applauso. Ma non erano la stessa cosa.
Il primo era un applauso di claque, qualcosa di mansueto che avvolge i partecipanti alla stessa minestra e li fa sentire accomodati alla stessa tavola. Il secondo di chi improvvisamente si sente sollevato da una tristezza che poteva sconvolgere in un solo istante e per infiniti istanti a venire.
Avrebbe desiderato un applauso scrosciante di un pubblico ostile, sino a diventarne l’amico intimo e profondo, che contro tutto e tutti aveva dimostrato il talento e quei tutti avevano dovuto riconoscere in mezzo alla contrarietà della sorte avversa. Anche quel mattino non arrivò l’applauso.
In ufficio la mattina sembrava come tante altre. Un passivo ingresso di saluti sempre identicamente uguali a quelli del giorno prima e a quelli che sarebbero stati identici il giorno dopo.

Vuoi vedermi sorridere?

 
Soltanto a fare il tuo nome
mi trema la voce ogni volta
l’amore mi fa brillare gli occhi
perdendosi nei tuoi
una parte del tuo viso
entra nel mio cuore
una giostra di sensazioni
si appropriano di me.
Incespico nei pensieri
della notte che gira lenta
al suo quadrante inesorabile
volato via con te
e che vorrei fermare
che non si fermerà.
 
Dimmi che senti i miei passi
accanto ai tuoi
dimmelo e dimmelo urlando
perché voglio sentire la tua voce.
Non mi bastano i tuoi sorrisi
non mi bastano i tuoi “amore mio”.
Dimmi e urlami
con tutta la tua voce
che mi ami come la prima volta
dimmi che anche tu
quando mi guardi
senti le gambe che non reggono

Il viaggiatore del tempo

Conosco il mio cuore
le sue pulsazioni
i lunghi solchi del viso
il suono degli anni
di cui sono intriso
eppure gli anni
li ho suonati pensavo
a piene mani
l’ho suonati pensavo…
 
A dieci anni ne volevo trenta
oggi che ne ho mille
ne vorrei tre... e passeggio
con le mani in tasca
passeggio tra fusti piegati
e linfa che sgoccia
come melanconia
di un sentiero
senz’altro l’unico
sul quale contare
…che una volta pensai
ora mi fermo…
 
La casa sulla strada
ne conoscevo
ogni centimetro di muro
oggi a volte non so neppure
il metro da cui sfuggire.
Povero sogno il mio
l’infranto sogno …il mio.
E pover’uomo a volte ...io.
 
Eppure sono qui ancora
nel mio vestito buono
pulito come un bimbo
percorro la poca via che riconosco
se potessi ricominciare
che il diavolo mi facesse
l’offerta
 
…sarei lì ad ascoltarlo.

Gli amori di un pazzo

Partimmo una notte
con Sant’Ugo e Sant’Antonio
uomini sminuiti dal dubbio.
Non volevo dirle
quali fossero i miei pensieri
ma lei li conosceva più dei suoi.
 
Presero la mira contro me
bersaglio inerme
ma nonostante tutto
sbagliarono il colpo.
Lei li aspettava
mettendo fiori sul pavimento
e loro litigavano il da farsi.
 
Oggi
c’è un leone nei miei pensieri
lo stupido è andato via.
Ci sono milioni di sogni perduti.
Un passaggio segreto violato.
Mentre la sua bellezza svaniva
la osservavo allontanarsi.
Scappava come sempre
e sorrideva.
Sarebbe morta per orgoglio.
 
Ho combattuto il mio alter ego
nemico dentro me.
Poi tutti e due siamo crollati
inciampando sul cammino pietroso.
Il gioco d’azzardo
fu la mia malattia
per gradi mi stava uccidendo
e la legge dall’altra parte
raccoglieva i rottami
a un metro da me.
 
Gli amici erano
dalla sua parte
di nostro si era tenuta tutto
strappandomi perfino
la collana d’oro
che poco prima mi aveva regalato.
Il tipo che diceva d’amare
non riusciva a sorridere
e le sue mani erano sempre sudate.
 
Pensare... che sembrava fuori posto
nella mia casa
…ma era al posto giusto
purtroppo.
 
Contava i soldi del suo bottino.

Immaginifico il mio tempo con te

Colonna sonora infinita
questa storia nostra... con te
che un canto di Era
lento e profondo
neppure potrebbe
trasformare mai.

Viaggi straordinari i miei
su spagnole strade
da sempre tue, anche se
oggi ormai, anche mie
Madrid, Cachares, Santiago,
Burgos, Briviesca… poi...
casa tua.

Mille volte trascorso
il mio tempo con te
tra stelle cadenti e cammino
l’immaginifico incantesimo
del mio tempo con te.

Piovono ricordi stanotte, sai
come stelle al cielo
come l’ultima volta... mio
il compleanno con te
ultimi giorni d’estate
“Dai fai presto…
Madonna come piove”.

Tiravan giù torri e
io e te come mille altre volte
a parlarne
che passa il tempo
che vola lento.
Resti sparsi e briciole...
tu che cammini davanti
ed io sottotenda.
(come sempre d'altronde)

Quelle parole dette (a volte) per dire
tu che ti scusi..
io che resto lì.
Quante volte vorrei
scrivere, ma credimi
che sono qui a rivivere
e ogni giorno rivivo... 
quel che tengo nel cuore.

Le nostre cose che mai
dimenticherò
che stanotte voglio così...
Arrivederci a migliori
cose da fare
ti penso… lo sai
e buena nochevieja 
duemilazerocinque.

Che chi se lo aspettava mai…
così sto…
tuo per sempre
che il cielo sia sempre
qui vicino… a noi
per questo immaginifico
mio tempo
che da sempre io vivo...

con te.

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