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blog di fabiomartini

Dal tramonto all'alba

Guardavi le gocce cadere
e l’acqua stagna muoversi appena.
Lei stava seduta cantava
come del cigno l’ultima nenia
la ferita che ti portava lontano.
Il tuo viso stralunato
com’era.
L’involuzione in atto.
La cascata di un cielo di stelle.
La luna che abbaiava al cane…
Insomma:
la confusione sovrana.
Ricordi com’eri?
Come diventato sei?
Come tutto è cambiato?
Così stavi?
Quella paura di non provar più nulla.
Ne il profumo del sogno.
Ne le idee mai abiurate.
Lo sventolio delle poche bandiere.
Quell’amore dei pochi rimasti.
Quel pianto commosso a quel figlio rinato.
Lentamente riedificato.
Poi, la notte non più invasa
ma la vita!
Che tanto e comunque si fugge via…
Condannarli alla fine
quindi
alla fine del cuore.
il marcio che si deve pulire…
E poi tu…
Il sole del secondo mattino
il verde destino...
Il blu cobalto del cielo.
L’incubo scomparso.
L’inquilino scomodo rifiutato.
Il bypass inserito
Il sangue che pompa
Che pompa infinito.
Di nuovo infinito pompa
ossigeno
ossigeno e poi ossigeno ancora.
Infine il mio pugno al cielo…
Indulgente scagliato
con rabbia… ancora una volta
 
alzato…

Celtic rain

 

Ricordi
come scorreva
la sabbia tra le nostre dita
la notte che volava via
tra le note di “Celtic rain”
accarezzava i nostri corpi
mi accompagnavano
i tuoi occhi scuri
e sullo stesso sentiero
tu ancora
mi fai sognare...
come allora.

Una tua carezza a volte
mi porta via e io immobile
ruberei… per i tuoi occhi.

Dico: “Dai andiamo che se no... piango.”
E tu: “Che scemo che sei... perché ?”
Il rumore del traffico un’auto che suona
corriamo sul giallo...
Tu che sorridi ancora
e in alto lassù... Dos banderas
alla nostra finestra.

Questa paura di veder tutto sfumare
per legge naturale delle cose
che tutto ha un vertice e una caduta.

Vivo questo istante come fosse eterno
che mai nulla, mai nulla mai
possa sfuggire via.
Che si fermasse il tempo
che non si invecchiasse più.
Highlander per sempre tu... Ed io.

"La pioggia e la luna"

 

Il fiume era un letto in piena
e Genova,
un mare in tormenta.
La croce segnava il cielo
decidendo
la costellazione da seguire,
i pesci
superavano tranellimpervi
e correnti improvvise spingevano già
la barca alla deriva. Leggi tutto »

"La sera del campo e della stella"

Gocce,
sulla distesa dell'oceano
formavano zampilli.
L'acqua spingeva il diadema
tra le grandi alghe.
La luna,
bianca opalescenza nella notte,
illuminava i diamanti sgorgati
dal sacchetto di cuoio.

Le mani del garzone
tremavano inquiete.
Tu sorridevi divertita
tra quegli strani lisci
capelli neroblù.
Il tuo viso rifletteva
al riverbero di quella luce azzurrognola.
Ricordo appena fuggito: il sole.
Mezzaluna rosseggiante
nell'aria scura
del buio in arrivo.

Tu quasi bisbigliavi.
Faticavo ad ascoltarti
ma alcune cose capii.
Dicevi: "Se vai e lo spingi,
che lo stringi il diamante
il più bello ovviamente,
se lo segui, vedrai …Credimi”.
Sorrisi e le dissi: "Che bella che sei".
E lì m'accorsi che più bella
non t'avevo vista mai.

Ovvio quindi,
seguii la fiamma,
e lo scintillio scoppiettante
e il vento sferzante
abbracciai.
San Giacomo guardò
ed io già sperso m'ero
nell'iride dei suoi occhi
e nell'abbraccio che fu.

Ricordai i tempi andati…
Piansi, mi disperai poi esplosi
In una risata infinita.
Lei di sottecchi apriva il cuore
…E che abbraccio che fu!
Il destino stendeva
i suoi tuoni radi
e giocava coi lampi.

Se lo volevi sbarravi gl'occhi.
Se lo volevi sporgevi la testa.
E la vita.
La bella vita, era li.
Giocando già
distillando audace
senza pietà alcuna
le sue lacrime miste
alla misericordiosa gioia. Leggi tutto »

"D'amore e d'ombra"

Sulla torre di guardia
la vedetta osserva.
Amleto vede lo spettro del padre.
Mosè
la terra promessa.
Ed io, dispiace dirlo
la mia ombra invecchiare.

Accadde una sera di fine estate
dopo giorni di sole
con nel mezzo
trambusti di temporale 
che proprio in quella sera d'ultimo sole
percorrendo come sempre
la salita verso casa
improvvisamente
(quasi dal nulla)
vidi gli anni volare.

Capitò che girassi
(quasi per caso sollecitato come
da una presenza sgradita)
fulmineo il capo
(distratto da lieve disarmonia)
e con la coda dell'occhio
la sorprendessi
(impreparata e distratta)
là dove stava, come al solito
appesa ai miei tacchi.

Dal dondolio del suo intercedere
riconobbi
il tempo passato
e come in un lampo estivo
(io che pensavo, la mia vita, mai
sarebbe, giunta al tramonto)
intuendo l'impercettibile suo ritardo
ad un mio gesto voluto,
dovetti accettare
che tutto ciò ch'era stato
difficilmente avrebbe avuto,
ulteriore seguito.

Quasi si scusò lei 
al fermarsi lì dell'ultimo autobus.
Quasi di profilo ugualmente sorrise
(che mai doma faceva l'occhiolino)
così distante da quando
il sole del mattino l'allungava
appesa alle punte
o il mezzogiorno
ritta la vedevi appena nascosta
sotto al peso del mio corpo.
Mi rassegnai.

Guardai il terreno intorno
e amaramente pensai,
ci son volte che tutti
desiderano ciò che hai
e volte che
quel che hai
non puoi darlo via...
 

"Invincibili noi"

Ti ritrovo così
amica dolce che torni
stasera dalla memoria
e dalla memoria il tempo che vola
ne attraversa i vicoli
e il bus
che passa davanti al portone
...e noi due. Ricordi noi due?
Ci sentivamo invincibili.
Li ad incominciare
che non si sapeva che il tempo si fugge
che i manifesti ai muri arrotolati a colla
di rossa bandiera oggi vengon derisi.

Sogni scalfiti i nostri, passati oggi e traditi
sfuggiti per una strada che scalciò.
Ma sorrideva la vita allora
che si sognava far i grandi o gli artisti.
Piccapietra e noi, le due porte
(che chi ricorda sa) e un banco d'amici
un po' scapestrati ma sani.
Eppure siam qui, seppure distanti rimasti così
tra lacrime appese da un cielo che vola lontano.

Da quei vicoli noi, da un lago svizzero tu
ed io quaggiù.
Sempre distanti io e te
due vite parallele disgiunte
e ineguali le nostre
a rallegrarmi il sogno di adesso
tra il rosso del sole di Nervi che piano sorgeva.

Ma cambiava il destino rispetto al sognato
e Genova, l'adolescenza
mutavano in buona vecchiezza
che il cuore infinito non volò soave
(almeno per me) e c'obbligò al destino.

Eppur son qui stasera... ancora con te.
E quel trentatrè che passa e ripassa
tra un bacio cento volte reso
che apre indulgente ancora... le porte
e riparte.

Vestita all'araba resti per me
bella di sole raccolta
a sognare noi due un mondo diverso
che rimase ciò ch'era, virando persino all'opposto...
Tu che sognavi sfuggente io che sfuggivo vagante
e oggi in un leggero sorriso
di chi ormai adulto che sono
guardo i ragazzi abbracciarsi per strada Leggi tutto »

Sognai

 

Sognai un insieme di sogni, sognai.
Un camminar erratico, sognai.
Terre lontane, vicine,
eppur mai pensato avrei
varcar di montagne
e lavar piedi come a benedire.
Non avrei pensato mai,
pianger mai
alla fine dello stesso identico sogno
lo stesso sogno, ripetita...

La strada che scese a un fitto di bosco
Estenuante e  poi, la paura,
e il bambino lì a giocare, alla cinta la sua lama
ed io ero il bambino e del tronco le radici
che impercettibilmente mosse
sentii nascosta, la mia parte vigilare, attenta.
Ma questo già dissi che non mi ripeta.

  Leggi tutto »

La leggenda del frate che aveva braccia, mani e cuore, da regalare. (Ovvero una storiella per la bimba)

Lodate il signore con umiltà,
diceva il frate lungo la via che portava
verso il margine destro del fiume,
chiedeva noci e lasciava una mano
sul capo del generoso che sorrideva.
 
Non ricordo se era alto o basso,
se camminava veloce oppure lentamente
quando calpestava il terreno
sotto i suoi piedi di sandali vestiti,
ma credeva in qualcosa che abbiamo perduto
negli anni del tempo
che tra noi e lui sono volati.
 
Un giorno incontrò un lupo
che spaventava gli abitanti di quel paese,
gli andò incontro e parlarono a lungo,
che il lupo restava seduto sulle sue zampe
e ascoltava cosa aveva da dirgli
e alla fine guardò per terra e si girò
e andò via e nessuno ne seppe più nulla
che chissà in quali terre andò
e in quali altre terre lasciò
le sue orme di lupo…
 
Un’altra volta parlò agli uccellini
e questi piano smisero
di cinguettare sopra quell’albero
e lui di sotto che parlava
del Signore del cielo e degli uccellini,
eppure loro in silenzio lo ascoltavano
e poi ricominciarono a cinguettare
più forte di prima e lui se ne andò via
che quello che doveva fare lo aveva fatto.
 
A volte mi domando quante volte
noi abbiamo provato a parlare
con il cattivo e con il buono, forse mai…
Elios, Anemos, Thanatos …
eppure nel castello dividevano la tassa
sul grano e sul sangue e ridevano
che nessuno li poteva sopportare più.
 

Genova addio

Come sei bella stamani Genova,
qui a Santa Chiara.
Cielo chiaro e terso
e mare infinito davanti a me
che mi stringe il cuore e che abbasso gli occhi
per non consumarti
per gli occhi di altri dopo me
ad ammirarti.
 
Sono con te 
carezzata dall’onde
son venuto stamani qui
a salutarti.
Si vado via, amore mio
e di così, più bella, non potevo trovarti mai.
 
Lascio molto.
Tristi pensieri a volte
uno tra i pochi che torna costante,
nodo nella mia triste gola: mio padre.
Quell’ultimo suo viaggio sopra l’ambulanza bianca
da qui all’eternità
che mi chiedeva di aiutarlo a sollevarsi…
“che voglio vedere il mare”.
 
Oppure felici:
gli occhi di Nadia che avevamo vent’anni
oppure Isabel
che ne avevo quaranta, ormai;
come passa il tempo…
Ti lascio stamani fin dove porta questa vita mia
che mai si ferma.
Tu sarai sempre qui… Vero?
Si... Tu ci sarai.
 
Lasciami adesso il tuo suono a memoria
che io porti con me, sempre e ovunque
risacca di mare, carezza del cuore.
Lasciati scrivere ora
così come faccio
quest’istante che resta.
Che possa toccarti ora
come volto il cieco tocca.
Che possa restarmi impresso il tuo viso al tatto
tra le dita delle mani mie.
 
Che tu sempre
sia uguale al mio ritorno
o che almeno,
sempre “tu sia”.

Musiche dal primo dopoguerra

Ho acceso lo stereo,
un vecchio vinile
pieno di track, crack, strack,
canta “Somewhere Over The Rainbow”.
 
Entrano nell’aria senza permesso,
senza bussare… restano lì appese,
note pluridirezionali vorticano
come foglie al vento.
 
Lascio scorrere i miei occhi
tra i tetti e gli abbaini, al sole della città
uguale come allora, immagino,
nel quasi Natale da una finestra aperta.
 
Chissà se era così nel ’45
sopra i sogni di tutti, sopra la storia,
sopra le speranze... sospese alla deriva,
identiche note musicali…
 
Non ha bussato stamani il tempo
e neppure allora
 
bussò

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