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blog di fabiomartini

L'abolizione di un desiderio

 
 
Lessi quel giorno
su quel giornale dell’ieri volato
nel tiepido mattino
a Buenos Aires finiva l’inverno.
Moriva una ragazza che conoscevo appena
salutava con la mano dal campo d’atletica
e salutava, sognava Madrid
quel vestitino rosa
quella festa lontana.
 
Davanti al portone
lungo la strada d’inverno
che il golpe non avrebbe più
portato l’estate.
…Lo ricordo quel giorno
i cappellini rosa erano lanciati in aria
che lei potesse almeno
coglierli come fiori.
 
Ma quando la fermarono
la gente racconta
rimase compita a braccia conserte
guardando la borsa per terra strappata
Il prete che pregava sottolavoce
davanti al vescovo per scongiurarlo.
I rossovestiti sembravano
spettri costretti a chi li implorava. 
 
La spinsero nell’auto
e la gente sapeva
che sarebbe scomparsa come
i mill’altri scomparsi.
Qualcuno raccontando il fatto
già la chiamava desaparecita
anche se l’aveva ancora davanti.
 
Ma gli amori si cercano sempre.
E la radio di oggi parlava di lei.
che il giornale da sempre parla di lui
che parla di lei e di un diario
che parla di lei e di lui.
Avean pagato un soldo di cacio
un vecchio acquerello falso di Dalì
una luna marrone e un sogno lontano
in un fresco Natale che mai ritornò.
Poi come un bisturi, per anni,
lui parlò di lei… perché gli amori
si cercano sempre.
 

Così mi placo

Avvolto dalle foglie sempreverdi
ti ascolto parlare e non sorridi.
Di questo mio cammino che mai l’autunno
come se il cuore mio sorridesse
vuole ancora con se
le mie mani ti cercano
e io così… mi placo.
 
Ascolto violini strider lontani
ti guardo sorridere quando non parli
a quei suoni pizzicati al cuore
come orecchie a sentir parlare
e sorrido sospeso
le mie mani ti cercano
e così… mi placo.
 
Dei minatori ascolto le frasi tremanti
e aspiro con le narici durante l’amore
i loro volti così neri di terra e carbone
come la vita aprisse argini ai fiumi
che i sorrisi si sbiancano
e le cateratte dal monte aprissero
e così… mi placo.
 
Opere tra i quadri esposti in gallerie del tempo
d’amore che si spandono come olio sul piano
tra tristi oppressi che siete voi
vivo di te e di te mi cibo e rinasco
incontentabili finti giullari apparite
so che io di te non mi stancherò… e così… mi placo

Il mio futuro con te

 
Tu, amore mio,
che mi domandi sempre
di parlarti del nostro futuro!
Oggi voglio scriverti cosa
veramente penso.
E perdonami se parlerò
di presente e di passato
costruendo metafore su metafore,
confuse immagini nei tempi
e similitudini allegoriche
tra strofe e passi,
righe in rima nei modi
e scioglilingua poetici
a cavallo tra poesia e prosa
(come fosse un gioco che mi riesce
perché mi ci trovo
come un gatto sul tetto).
 
Sai… anche noi
camminiamo sullo stesso bordo
al ciglio delle stesse tegole
scosse, sempre mosse
legati da un’unica mano.
E sul foglio, di questa
carta che vola
agli spesso imprevisti
vortici dei tempi,
sta scritta la poesia
della mia vita con te.
Ma troppo dentro
questo soffio di vento stiamo,
che a volte ne ho paura
io stesso… viverlo.
 
In questi pochi
attimi di vita
di questi prossimi
infiniti anni con te,
a volte immensi amori perduti
e sogni infranti
come fantasmi vagano
e uniche sono le mobili
parvenze che vagamente
a volte compiamo
(strade di gesti che lastrichiamo
d’inutili parole).
Perdiamo la storica memoria
persino difficile a dimenticarsi
dal tanto male
di olocausti compiuti
ed erigiamo
approssimative scuse
o ci accontentiamo
di un suono mediatico
e di una lacrima
che scivola facile
… o del falso sorriso
dello stupido al potere.
 
E per le occasioni uniche perdute?
A volte, in quel caso,
un insulto sta a difenderci
o un sussulto sta ad amare.
Ma il tempo passa e grava

Via Madre di Dio

Abitavo in via Fieschi lì al sesto piano.
Tra Ponticello e via Madre di Dio
col suo lavatoio la casa di Paganini e i fabbri.
 
All’aperto, un po’ più distanti, sotto le mura
c’erano loro
a torso nudo falda di cuoio martello in mano.
Battevano il tempo su ferri roventi.
 
Non ho mai fatto una foto...
peccato.
Oggi non c’è nulla di allora.
Oppure poco.
Ci fu un maglio al lavoro, lento.
Prima sul tetto poi giù di colpo sul pavimento.
Dal piano alto trascinava giù i piani sotto
e l’atto finale restava la polvere, smorzata appena
da un getto d’acqua.
 
Qualche foto l’avevo.
Ormai però
non so più dove sono.
Peccato... che spesso ne piango. 
 
Ma i ricordi sono tutti qui con me
stretti a me, tra i gesti miei, nel mio parlare
nel quotidiano mio ricordare.
 
Infatti di sera, che del suo buio a volte abuso,
io mi ritrovo a cercar dettagli
su quel suo vicolo o su quei visi
o sulla scala che io scendevo
o sullo scorcio dietro la piazza.
 
Ma i dettagli di allora ormai
se non li ho persi del tutto
li sto perdendo nel tempo...

La poesia più bella del mondo

 
Quando tu sei lontana
qui tutto
sembra vuoto e liscio.
 
Come un bottone senz'asola
una vite senza fine
una lacrima appesa
o un treno in ritardo.
Come un’anima spersa
attendo che torni
come una bussola rotta
una nuvola sola
como un gato sin gata.
 
La Gioconda tu sei
 il gabbiano di Bach
le cinque della sera
il nome della rosa
un flamenco gitano
una moto nel vento
la giacca migliore
Roma di notte
o la bella Madrid.
 
Oppure semplicemente sei
la mia poesia
più bella del mondo.

In memoria di Ignazio Sanchez Mejias

Un sole pallido accoglie il cielo di Spagna.
Sabbia e arena. L'anello profuma di una rosa
lanciata al balcone.
Antico è l'inchino alla muleta.
Calpestano il terreno intorno e attendono
segnata l'ora che sia da incominciare.
E pare la sera d'istante si fermi.
Garcia sorride.

 

Nell'aria il brusio che l'odore trasforma.
La banderilla brilla dove la morte è vita.
La tauromachia ha i suoi ritmi sordi
che l'ingresso s'apre e stende già ‘l velo
...comunque sia.
soltanto bisbiglio e urla interrotte a volte
e sorde ...sapore e stupore.

 

Arde la stoffa rossa stesa a ventaglio.
Silenzio. Strappo di pica …collo che striscia
movimenti austeri …sangue che cola...
e macchia quel gesto d'elegante cura.
Il cuore vivo batte. Di strozzata folla è l'urlo.

 

Vibra un colpo tra i tanti
e la vittima cade e scalcia (o così pare)
Lui, volge il suo viso al tumulto urlo
spada in aria …dritta la punta al cielo.
Ma improvviso e schietto sbalza nell'aria e vola.
Poi cade …resta riverso a terra.

 

Ignacio Sanchez Mejias piega il ginocchio e s'alza
poi barcolla, ricade e s'alza ancora …o almeno tenta
ma in ginocchio resta. Piega in avanti il corpo
e poi tonfa per sempre a terra.

 

Tutto si ferma alle cinque della sera.
Sgomenta e in silenzio.
L'arena piange alle cinque della sera
la Spagna piange alle cinque della sera
Il suo poeta piange. Ora...
Alle cinque della sera, un bimbo mesto e lento
s'appresta, in braccio porta un  bianco lenzuolo

24 Giugno 217 A.C.

 
L’usignolo
nel silenzio del mattino
da sopra la collina
gli occhi svaria l'Appennino
conta uomini
tra Gualandro e Montigeto.
 
Monte Cortonense
piange romano
il ventiquattro Giugno
duecentodiciassette.
Flaminio muove a sud
a nord Servilio
e bianca coltre di nebbia
s’allarga…

Cavalleria leggera e celti
libici e iberici sopra la cima
baleari e astati chiudono il tratto
da Montigeto al Borghetto...

Caligae lente come un serpente
marciano silenziose sul Malpasso
la nebbia avvolge la riva del lago
la cavalleria rotola giù
...Vola via l’usignolo.

Circondati e al fianco scoperti
accerchiati ai canneti il Trasimeno
il torrente della valle da quel giorno
cambia il nome

 
...in Sanguineto.
 
 
 

Dalle memorie di Fedor Michailovic

Strappi di storia
incanto e oppio a portata di tutti
io, che la notte guardo la strada dal vetro della stanza
vedo, donne sguaiatamente ridere tra gomme in fiamme
io, che parlo al mio cervello e rispondo
sento il mio cuore che batte
quando il silenzio uccide.

Cammino solitario intorno al letto
mentre sfrego le mani.
Se fossi un pazzo?
Sarei in ospedale no?
Ma sono qui
vestito col mio pigiama
sporco di fango e di sangue rappreso
laddove a volte si perdon gli odori.

Sono avvezzo io.
Oggi uno dei bianchi con un ramo in mano
Urla: "torna da dove sei venuto".
Io torno.
Strozzo la vita con le mani
strillo anch’io
ma nessuno mi sente.
Stanno sparando sulla grande signora
sulla madre terra "grido".
Guardo i carri arrivare
i drappi a tre colori
son puliti di nuovo…
"Mettete le bandiere"
sospiro
"Sotto la terra e prendete i colpi con le mani
stringeteli con forza".

Ora le tendine sono aperte
io non tocco per non sporcare
vedo
tra i vetri sporchi di fuliggine
il treno che passa qui sotto.
Viaggi di viandanti stretti a loro
nei vagoni delle bestie.

O se solo potessi
abbandonare
lo sfregarmi le mani
se fossi ciò che vorrei
girerei i pattini
verso nuove strade
lisce di asfalto appena steso
e scenderei come un bimbo
a rallegrar le serate estive
dei nonni miei.
Qui sotto
il sole brucia anche gli animi
più sporchi di Dio
e non sarei
considerato pazzo io
sarei maestro
di clavicembalo
alla Sorbona… io

sarei…

Fiumi di parole d'amore

 
 
Ho scritto fiumi di parole d’amore
senza mai riuscire a parlarti d’amore.
Non sono riuscito mai a scalfirti veramente
e scoprirti una lacrima da cui pensarmi.
 
Ho suonato sugli organi di chiesa
le melodie più dolci
che lasciassero immobili i cuori
che dagli spessi muri
tornassero a te così giganti
che entrassero nella tua anima
senza un permesso.
 
Come una farfalla ho volato
sopra il periplo del tuo cuore
sperando di distoglierti dagli altri amori
mai ho lasciato un segno… mai.
 
Eppure son qui che urlo amore
ma tu non senti la mia voce
o non la senti più.
 
In me rimbalza invece che mi stordisce
che penetra tra le mie rughe
e scorre tra il mio sangue.
 
Inginocchiato sulla nuda terra
urlo gli ultimi urli che ho in gola
e anche tu lo so… Mi ami
ma troppo in silenzio.
Che purtroppo anch’io qui
seppur vicino…
 
Non ti sento.
 
 
 
 

Uguale come allora

Se è vero com’è vero
che io a te ancora
darei la vita intera,
la metterei nelle tue mani
come allora.

Confesso che ugualmente
io ripercorrerei
passo dopo passo
quel che vivo ancora
uguale come allora
il sogno rivivrei
come un gatto
sopra un tetto.

Che se “el catalan”
lì non fosse più,
lo riedificherei uguale
a mani nude
in quella via,
la stessa via di allora,
uguale salirei
le scale sue di legno
lì fino al terzo piano,
nel cuore della notte
ti amerei ancora
come allora...

Poi, dopo... 
scriverei una poesia
che ricomincerei
così:
Se è vero com’è vero
che io a te ancora
darei la vita intera,
la metterei nelle tue mani
come allora…

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