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Vene prometto delle belle

“Chi non ha visto Venezia d’aprile non può affermare di conoscere l’inesprimibile incanto di questa magica città. La mitezza e la dolcezza della primavera si addicono a Venezia, come lo splendente sole estivo alla magnifica Genova, come l’oro e la porpora dell’autunno alla grande vegliarda che è Roma. A somiglianza della primavera, la dolcezza di Venezia commuove e desta desideri, rende languidi e accende un cuore inesperto come la promessa di una felicità vicina e misteriosa. Tutto in lei è luminoso e comprensibile, ma pur circonfusa dalla sonnolenta nebbiolina ha tutta la delicatezza di un innamorato silenzioso. Tutto in lei tace, eppur tutto sembra rivolgerci un saluto, tutto in lei è femminile a cominciare dalle stesso nome e non per niente ha avuto l’epiteto di bella”.
Ivan Turgenev
 
 
Sabato, ventotto agosto 2010, è stata aperta a Venezia, in un Palazzo Grimani restaurato per divenire sede permanente di grandi eventi artistici, la mostra pittorica del Zorzon, altrimenti detto Giorgione, nato a Castelfranco Veneto, veneziano d’adozione.
Qui sono stati esposti tre fra i suoi più famosi dipinti: La Tempesta, la Nuda e la Vecchia. Potranno essere visti fino al 10 ottobre, data di chiusura della stessa mostra, poi, molto probabilmente, saranno divisi e riportati dov’erano: all’Accademia e al Fondaco dei Tedeschi.
I media, annunciando tale apertura, non si sono fatti sfuggire l’occasione di parlare della bocciatura, da parte del Sindaco, di un maxiposter su Palazzo Ducale giudicato troppo osé e dell’iniziativa del Soprintendente del Polo museale Vittorio Sgarbi, il quale ha “arricchito” la setssa Mostra delle performances di una pornostar di puro sangue veneziano, augurandosi che l’effetto sia “ da tempesta ormonale”.
Alcuni hanno sostenuto tali proposte, altri si sono opposti domandandosi se Venezia  “la bella” abbia perso quel suo antico talento per la trasgressione e la libertà artistica che l’ha caratterizzata nei tempi senza mai avere cadute di stile.
Noi di Rossovenexiano.com, così inscindibilmente appartenenti per origine, o vicini per adesione, (direi pure iscrizione) allo spirito di questa città, potevamo non ficcarci in questo piatto ricco d’arte e d’ eros?
Si sarebbe potuto prendere spunto da ogni segmento del perimetro circostante, per iniziare, ma si è preferito, anche per una certa leggerezza sentendoci brillantemente e felicemente profani in tutte le materie trattate, cavalcare l’onda, e introdurre il nostro oggetto di dibattito partendo da due punti che ci paiono comunque attinenti alle questioni sollevate e a  quanto si desiderava dire.
Mi sentirei quindi sollevato se fin d’ora scuserete l’ignoranza e l’imprecisione, la incompletezza di quanto andrò a dire in merito a:  
a) la novità della pittura del Giorgione;
b) il senso del pudore nell’arte.
Allo scopo riportiamo sinteticamente le reazioni agli accadimenti sopra citati. apparsi sulla stampa: quello del filosofo Cacciari, del sindaco Orsoni e quella della Presidente di Venice Foundation, signora Coin,.
 
“Per secoli Venezia ha avuto un senso del pudore al limite del libertino, non ha mai avuto pruderie.
Cacciari
“Il manifesto pubblicitario con una donna nuda su un divano è inadeguato per piazza San Marco.”
Orsoni
“Più che di provocazioni, abbiamo bisogno di chi ci aiuta a difendere la nostra apertura al mondo.”
Coin
 
Subito ci si è chiesti che significato dare alla dichiarazione di Cacciari; perché egli parli di senso del pudore, di libertino e pruderia nel contesto del “lancio” della Mostra, attribuendo manifestamente, alla catapulta utilizzata, un giudizio ci pare negativo. Certo Cacciari si sarà chiesto se il gesto era inevitabile, o così tanto produttivo di un’utilità da generare un differenziale importante, un surplus questo avvicinamento alla Nuda, alla Tempesta, alla Vecchia, di una “tempesta ormonale” maliziosamente pubblicizzata “a vivo”.
Si sarà chiesto se l’avvento del Giorgione concordasse, fosse in parallelo, con quest’altra novità di ravvivamento di un interesse popolare, di una diffusione, di un portar fuori il più possibile tali tesori.
E si sarà risposto che, a suo giudizio, no, non lo era.
Per tentare anch'io una risposta, un addentrarmi nel problema, anche se parzialmente perché infine sono specializzato in nulla, credo siano necessarie una precisazione-delimitazione che ne contiene un’altra ed almeno due incursioni specifiche, una in ambito prettamente artistico, l’altra in ambito epistemologico..
La precisazione-delimitazione, come al solito, consiste in un tentare definizioni, un farsi domande.
La prima: è l’Arte la profondità altalenante della cultura di un popolo, di individui di un’epoca, è la rappresentazione che ne delinea e sfuma i contorni tra l’invisibile ed il visibile, ne rende scoperte le nervature, i dolori, i contrasti irrisolti all’interno di ognuno e di una collettività? E’ un qualcosa di universale che rimane perché ha colto il segno del dissidio?
La secondaria contenuta nella prima: è l'arte un altro modo dell’Uomo di leggere la storia oltre a quella dei trattati delle guerre e delle paci, della lotta tra ambizioni ed interessi?
Quanto così pon-pon-samente domandatomi, prima ancora di dirigere l’attenzione sullo specifico della pittura del Giorgione, pongo a me stesso e a Voi una terza domanda che è: non avrò fatto una cazzata tuffandomi in questo ginepraio e parlando con tanta enfasi della profondità?
Mi spiego: sono così sicuro che l’arte, quella con la A maiuscola, investa tutto il suo essere sulla profondità e sarò capace di concludere questo interessantissimo discorso?
Ora, per alleggerire più che altro me stesso, ma anche voi, rimanderei qal poi uesto enorme peso che ho in animo di gettarvi sulle spalle, e passerei al caro estinto: il Zorzon, chiedendomi cosa c’era prima di lui.
Potrei rispondere: una concezione della conoscenza basata sulla somiglianza, concezione protrattasi fin quasi alla fine del XVI secolo senza grandi cambiamenti di fondo, in fondo. :)
Dico concezione globale, quindi sia nell’arte che nella filosofia; non va dimenticato, infatti, che fino al 1500 circa quest'ultima ha svolto funzione di contenitore omnicomprensivo. Mi riferisco in particolare, quale contenuto, alla Scienza che poi dal Rinascimento in poi via via si è resa autonoma.
Basterebbe ricordare, allo scopo, i grandi esordi della scrittura, (Omero con le sue similitudini) il filosofo, che prende distacco dalla Poesia definendola finzione del vero.
Qui è necessario aprire una piccola parentesi e chiedersi ancora, ma perché finzione la Poesia e non ad esempio la Tragedia? La distinzione, evidentemente, è sottile. Vediamo di coglierla.
La Tragedia aveva ed ha a specifico oggetto non solo il phatos, bensì il fatto.
In essa vengono riprodotti fatti destinati a creare, meglio a ricreare il phatos negli spettatori; non così la Poesia, la quale consisterebbe essenzialmente nel non riprodurre fatti, ma richiami, da cui la definizione, da parte di Platone se bene ricordo, di finzione.
Nella pittura d'altronde, in Occidente, ad essere imperante era la Ritrattistica, (per lo più con sfondo ed intento religioso ed ecclesiale, oppure celebrativo del Signore di turno se alla Chiesa grande committente si sostituiva un protettore e finanziatore laico).
Sulla base di tali fatti si può dire allora che fino a quel momento il pittore, l’ Uomo, l'artista, s’era guardato confrontandosi con le cose mantenendo per così dire una visione da “esterno” onde cogliere somiglianze e similitudini con esseri e cose più grandi, i quali , le quali, serbavano gli stessi difetti degli uomini oppure ne erano privi, ( le stelle, gli astri, la creazione dei Miti, la Fede)
Nell’arte e nella storia tale concezione della conoscenza era nata in Occidente con la Grecia dei cantastorie che giravano per il Paese per diffondere perlopiù oralmente "fatti" rilevanti, (Omero, Esiodo), i tragici, (Eschilo, Sofocle, Euripide), gli enormi filosofi presocratici, (Parmenide, Eraclito ecc). Socrate se ne discosta, solo ed unico in tanto panorama, scolpendo nel marmo d’Arcadia il “Uomo conosci te stesso", ma è costretto al suicidio.
Tale pensiero è diffuso anche nella scultura, nell’architettura, con Fidia, con templi come il Partenone, quelli che nascono nelle Colonie, (Selinunte, Agrigento).
Ma nella Grecia, oltre ad Apollo, vi sono anche Dioniso ed Orfeo.
Ed allora perché l'era che parte circa dal VII secolo avanti Cristo e si conclude 23 secoli circa dopo, mantiene come caposaldo irrinunciabile, solido come roccia, il concetto della conoscenza quale similitudine? E ne siamo sicuri?
Tale era inizia a sciogliersi definitivamente con il Rinascimento, in particolare, in pittura, con il Cenacolo di Leonardo, ove l’artista ribalta per la prima volta l'intera stessa concezione di conoscenza tendendo invece lo sforzo a cogliere e studiare non più il fatto in sé e per sé, (l’ultima Cena di Gesù) ma i "moti dell'animo" degli apostoli che lo attorniano, lo sconcerto dato dall'annuncio a sorpresa dell'imminente tradimento di uno di loro sui loro volti.
Zorzon, Giorgione, è il più attento, vicino anche per tempo, il primo studioso di Leonardo in questa circostanza.
Cosa fa Zorzon da Castelfranco Veneto?
Dipinge, tra gli altri, tre pezzi da novanta, la Tempesta, la Nuda, la Vecchia, tentando di scavare all’interno dall’esterno, mantenendo cioé iapparentemente i canoni tradizionali.
Cosa voglio intendere per all’interno dall’esterno?
Non è più il fatto l’evento cui prestare attenzione, ma l'uomo che lo guarda, la trasfusione, ciò che il persoanaggio artista sente La “somiglianza similitudine” del personaggio o della scena ad un qualcosa che sa di bello, di perfezione stilistica, la sua armonia interna ed esterna con il mondo, perdono di significato. Assume un'importanza capitale ciò per cui si è dipinto, “quel che il pittore, il protagonista sentiva nel momento della creazione, trasfuso sulla tela.
Da questo cambiamento prenderà le mosse l’Impressionismo, ma invero tutta un’altra epoca epistemologica, quella in cui noi attualmente viviamo, cosiddetta della Modernità.
Ora vediamoli questi tre pezzi prima di passare ai perché e ai percome dell’azione di Sgarbi, alle reazioni di Cacciari, di Orsoni al manifesto, della presidente di Venice Foundation signora Coin, prima di chiederci dove stiamo andando e perché.
Gustiamoceli e cerchiamo di commentarli analizzando persino, se possibile, la posizione del pittore rispetto al quadro. Cercando inoltre di vedervi il senso dell'uomo, dove è posizionato..
Per il 5 settembre, un poco prima di  “gustarmi la grigliata dal vivo” di Vittoria Risi pornostar, se leggerete senza infamarmi, Vene prometto ancora delle belle.
Si accettano uova, pomodori e formaggi da slow food. I vini portarli.
Grazie
 
 
 
Presa dal Web: La Nuda Giorgione
Presa dal Web La Vecchia Giorgione
 

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a cura di Ezio Falcomer

♦Compagnia di teatro sul web Accademia dei Sensi♦

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