Ritrovare il vento - Miresol | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Ritrovare il vento - Miresol

È impietoso oggi lo specchio: mi rimanda un’immagine incerta, avvolta su se stessa, chiusa tra spalle troppo strette. Ed è veloce oggi la mente nel calcolare il tempo che, strato su strato, si è depositato sul mio corpo, avvolgendolo. Occhi opachi senza fondo, mani secche, screpolate, rughe sul viso e una figura che incede più curva e incerta bastano a stabilire un inventario. Si fissa il mio pensiero su questo volto, annota il declino con rigore da contabile, soppesa la sconfitta e sorride con ghigno obliquo.

Vorrei addomesticarlo, parlargli di ciò che resta, dei desideri che ancora vibrano dentro il fiato, della dolcezza che pian piano negli anni ha preso il posto della rabbia. Ma è ostinato il mio pensiero, si diverte a conficcare chiodi nei ricordi, a farli rivivere dolorosi, a girarli e rigirarli premendo sulle ferite, a investirli di luce vivida per poi gettarli nel buio indistinto, come vuoti a perdere.

In questi momenti è fondamentale trovare qualcosa per distrarsi: archiviare vecchie carte, riorganizzare armadi, cambiare sistemazione ai divani, svuotare la casa di tutto ciò che non serve. Fare ordine fuori, per non sentire il rimescolio interno, concentrarsi su minimi gesti, restringere l’orizzonte su piccole cose. Per consolarmi con questa ritualità a buon mercato, riordinerò la libreria dello studio che da tempo aspettava un po’ della mia attenzione.

I libri fin da piccola hanno avuto per me un potere cullante, erano carezza e via di fuga, ricerca esitante, scudo, corazza, conquista e soprattutto sottile, silenziosa rivolta. Adesso mi piace spolverarli, accarezzarne il dorso, aprire delle pagine a caso, segnare con il dito una riga qualunque, far finta che davvero racchiuda un messaggio. Lo stesso gioco di quand’ero ragazzina, ma allora ero proprio convinta che tra caratteri stampati e spazi bianchi si nascondesse un pezzo di mondo, adesso so che è tutto teatro, rappresentazione, che ogni segno rimanda a un ulteriore segno, ogni domanda ne rincorre un’altra.

La mia indagine si è ormai fermata da anni. La tua è partita, invece, dove io ho smesso di cercare.

I libri ci hanno unito fin da quando eri piccola, ti raccontavo storie, per te le inventavo ed erano un dono reciproco, una gioia condivisa. Ma non basta un filo di parole scritte ad unire una madre a una figlia. Ci sono anche le parole dette, quelle taciute, le molte non capite. E poi c’è la vita che affascina, attrae, sospinge lontano. Non ho tentato di trattenerti come hanno fatto con me, so a mie spese quanto possa essere irriducibile, cieca e a volte devastante la forza della ribellione. Allora ti ho lasciato andare e ho rispettato i tuoi silenzi, forse sbagliando. Non ti ho negato quella libertà che in ogni caso ti saresti presa. Di questo comunque non mi sono pentita: tu cammini per il mondo con passo più sicuro del mio.

* * *

"Con tal veemenza il vento /viene dal mare, che i suoi ritmi elementari /contagiano il silenzio della notte".

È piccolo il foglio che, appena scivolato da un libro qualunque, riporta questi versi di Cernuda, vergati con una calligrafia svettante: le t e le l che si protendono superbe verso l’alto, le g che affondano nello spazio di sotto, come coltelli … una scrittura nervosa, in movimento. Nonostante l’inchiostro scolorito, quei caratteri sembrano vibrare, dichiarare tutta la loro impazienza, affermare la voglia di partire al più presto. Devono risalire a qualche anno fa, quando eri poco più che adolescente. Strano che tu abbia sentito il bisogno di trascrivere queste parole, non hai mai amato la poesia.

Poi osservo con maggior attenzione e capisco. Guardo, stupita, quelle poche righe tracciate da una me stessa non ancora ventenne. In questo foglio ingiallito stento a riconoscermi, invece ho l’impressione di essere riuscita a ritrovare te, un tuo stato d’animo, in modo inatteso. Sorrido pensando che gli incontrati inaspettati sono i più belli.

“Ma altra forza/ di cui il tuo corpo è oggi carcere,/ fu libero vento e ricorda” così si chiudeva la poesia. Con fatica sono riuscita a recuperare i versi finali dall’archivio della memoria, le parole che adesso mi sentirei di trascrivere.
Da troppi anni i miei polmoni si sono abituati a respirare quest’aria scialba e ferma di pianura, ma a volte basta un nonnulla a dar voce all’inquietudine. E forse servirebbe davvero poco per ripartire. In certe giornate il vento soffia forte anche qui.

Miresol


Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano
-Direttore di Frammenti: Manuela Verbasi
-Supervisione Paolo Rafficoni
-Editing: Rita Foldi [fallenfairy]
-Immagini tratte dal Web
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