La retorica è l’arte del parlare e dello scrivere bene. Nel mondo antico, essa era codificata, legata in norme rigide, fisse e precise. S’insegnava nelle scuole e a tutti coloro che erano chiamati a parlare in pubblico o volevano imparare ad esprimersi in modo elegante e persuasivo. A partire dall’Ottocento, però, con il sorgere di una concezione più aperta e spontanea dello scrivere e del parlare, la retorica assunse un’accezione piuttosto negativa; si diceva, infatti, che le regole in essa contenute limitassero, perché così rigide, la libertà espressiva dello scrittore. Tant’è che in quel periodo il termine retorico aveva assunto una connotazione dispregiativa, era usato per indicare tutto ciò che appariva formalmente elegante ma, alla sostanza, privo di contenuti morali, intellettuali e sentimentali. Ma nella seconda metà del Novecento, la retorica, ritenuta fino ad allora come un’arte del bell’inconsistente, viene rivalutata come disciplina che individua, analizza e codifica i diversi espedienti con cui chi parla o scrive può manipolare la lingua, allo scopo d’esprimere in modo più efficace i propri sentimenti e le proprie attitudini ed aspirazioni. Questa manipolazione s’avverte con certezza con l’uso inconsueto della lingua. Come dicevano i latini “veritas in medias stat” ( la verità si trova nel mezzo ), quindi il consiglio che vi posso trasmettere con molta umiltà e modestia è quello di avere, nel momento in cui si va a scrivere, il senso della misura. Prima di trattare le figure retoriche, che poi nella pratica sono gli artifizi che utilizza la retorica, desidero spendere due parole sul significato del termine denotativo e connotativo, sostantivi che racchiudono in sé la vera essenza della retorica. Non assumete ora un’espressione che esprime noia o rinuncia…perché non mi addentrerò in discorsi accademici di difficile comprensione o pesanti quanto un mattone che vi cade sulla testa…Sarò il più diretto possibile per rendere questi due concetti comprensibili. Come tutti sapete la lingua è uno strumento di comunicazione efficacissimo e dirompente, con le parole si può distruggere qualsiasi cosa, si possono raggiungere zone inaccessibili, si può costruire un mondo in cui tutto può diventare reale…le parole hanno forza, colore, corpo, spessore ed incisività. E proprio partendo da questa convinzione che la retorica basa la sua concretezza…Rendiamo il concetto con un esempio pratico, così sarà più facile per tutti capire come utilizzare le figure retoriche… Ogni parola che forma una lingua possiede un suo significato di base preciso ed oggettivo, fissato in modo inequivocabile dal codice della lingua e condiviso da tutti coloro che parlano. Questo significato identifica e definisce l’oggetto per quello che è e viene chiamato, per l’appunto, significato denotativo, in quanto denota, cioè indica chiaramente qualcosa. Prendiamo ora in esame il sostantivo “cuore”. Il significato denotativo di cuore è quel che tutti conosciamo universalmente, cioè “organo muscolare cavo, contrattile, centro motore dell’apparato circolatorio”. Con questo significato, prettamente scientifico ed oggettivo, viene usato in frasi come “il cuore è il centro propulsore della circolazione sanguigna” ect. ect. La maggior parte delle parole, però, oltre ad indicare qualcosa in modo oggettivo e neutro, possono essere usate per esprimere un’emozione o un punto di vista personale. E proprio in questa sede che il significato denotativo s’arricchisce inevitabilmente allora di tutta una serie di elementi supplementari ricchi d’implicazioni soggettive, allusive, evocative ed emotive e che costituiscono il significato connotativo della parola stessa. Così, la parola cuore può sovraccaricarsi di una quantità cospicua d’implicazioni particolari, strettamente legate alla sfera soggettiva e si avranno perciò frasi come “…mi ha aperto il suo cuore…”, “il suo cuore travalica ogni ostacolo” ect. ect. Vedete voi stessi quanto queste frasi superino di gran lunga il significato denotativo per radicarsi sensibilmente un ambito più connotativo, in una sfera maggiormente soggettiva, ove l’interpretazione e la fantasia la fanno da padrone… Tutto questo preambolo, spero utile, per arrivare ad introdurre le figure retoriche.
Le figure retoriche
Si chiamano tali quei particolari procedimenti espressi che, utilizzando la lingua secondo schemi inconsueti, tendono ad arricchirne l’efficacia. Le figure retoriche sono in realtà un espediente espressivo operante in qualsiasi atto linguistico o di testo, esse, infatti, rientrano di diritto nella più ampia categoria degli usi connotativi delle parole della lingua e come tali, sono sì tipiche del linguaggio poetico, dove raggiungono il massimo del loro rendimento, ma sono utilizzate anche nel linguaggio comune. Pertanto, imparare ad individuare le varie figure retoriche e riconoscere i meccanismi che presiedono al loro funzionamento e al loro utilizzo costituisce il giusto strumento per apprezzare la letteratura in genere. Il mio potrebbe sembrare un discorso sin troppo accademico, ma vi assicuro che non lo è…Chi ama la letteratura ed apprezza la poesia deve dotarsi degli strumenti che consentono di cogliere le sfumature, di non limitarsi solo alla superficie ma di andare anche tra le righe e riconoscere la bellezza di una particolare immagine espressa con abile maestria…Insomma, per esemplificare, è come se un appassionato di tennis non sappia riconoscere uno smash portato con abilità gestuale, o come se un esperto di calcio non colga un dribbling eseguito con ricchezza di forma…Le figure retoriche si distinguono in classi:
a - figure di parole o traslati o tropi o figure semantiche che riguardano cambiamenti di significato di singole parole ( metafora, metonimia, sineddoche, antonomasia, iperbole e litote ).
b - figure di pensiero o figure logiche che riguardano attentamente ad un’intera frase nella sua struttura logica ( apostrofe, allegoria, perifrasi, preterizione, reticenza, prosopopea, epifonema ).
c - figure di costruzione che riguardano l’ordine delle parole nell’ambito della frase ( anafora, chiasmo, iperbato, zeugma ).
d - figure di ritmo che riguardano gli aspetti fonici delle parole ( allitterazione, onomatopea ).
Questa divisione, tuttavia, ha un valore puramente organizzativo, perché a voler essere precisi, secondo i contesti, la stessa figura può funzionare tanto da figura di pensiero quanto da figura di parola. Quindi, per facilitare la comprensione e la lettura, elencherò la varie figure con la propria spiegazione in un elenco alfabetico:
a – Accumulazione, dal latino – adcumulare – ammassare. Consiste nel posizionare una dietro l’altra in forma ordinata e progressiva o in modo anche disordinato e caotico parole che indicano oggetti, immagini e sentimenti, tutto con l’intento ovviamente di definire o descrivere ambienti, situazioni, stati d’animo, emozioni o personaggi con larghi tratti, quasi pittorici…
es: Arene gemmee come
tritume di gemme, ceppaie
d’alghe, chiari coralli
fuchi di porpora, negre
ulve………( G.D’Annunzio )
b – Adynaton, dal greco cosa impossibile. Consiste nel dimostrare che un determinato accadimento non potrà mai accadere perché subordinato al verificarsi di un altro fatto ritenuto impossibile.
es: Prima divelte, in mar precipitando,
spente nell’imo striderai le stelle,
che la vostra memoria e il vostro
amor trascorra o scemi…
( G.Leopardi )
es: Si andrà a Bombay,
quando la luna diventerà rossa…
c – Aferesi , dal greco togliere via. E’ la caduta di una vocale o di una sillaba all’inizio della parola.
es: Arena > rena
Inverno > verno
d – Allegoria, dal greco parlare diversamente. E’ un immagine o un discorso che cela un significato diverso da quello letterale. Tale significato, comunque, è in stretto rapporto con quello letterale, ma deve essere colto ed interpretato attraverso le parole o le immagini che lo nascondono..Questo procedimento retorico permette di trasformare nozioni astratte o concetti morali, di difficile comprensione, in immagini spesso suggestivamente pittoriche. Così, una nave che solca il mare in tempesta, squassata dai venti e colpita da fulmini, può benissimo rappresentare allegoricamente la condizione umana o, a secondo dei casi, anche un organismo politico.
e – Allitterazione, dal latino – ad e lettera – lettera accanto a lettera. E’ la ripetizione della stessa vocale, consonante o sillaba all’inizio o all’interno di due o più parole vicine e legate dal senso. In poesia si usa per risaltare certi effetti musicali o per evidenziare certe parole.
es: Chiama gli abitator de l’ombre eterne
Il rauco suon de la tartarea tromba
( T.Tasso )
f – Allusione, dal latino adludere – alludere, scherzare. Consiste nel dire una cosa con l’intento di farne intendere un’altra che con la prima ha però un rapporto di somiglianza. La cosa cui si allude, tuttavia, deve essere ben nota.
es: è un Don Abbondio
( E’ chiaro che, dicendo questa frase, si alluda ad una persona poco coraggiosa e assai timorosa ).
g – Anacoluto, dal greco che non ha seguito. E’ una violazione volontaria di una norma sintattica, che si usa nella maggior parte dei casi per riprodurre i modi della lingua parlata o per caratterizzare un personaggio. Per questa figura è necessario soffermarsi un po’ più del dovuto, perché il suo utilizzo è piuttosto complesso, nel senso che spesso si confonde con un errore. Prendiamo in esame la seguente frase….. .“Quelli che muoiono, bisogna pregare Iddio per loro” ( Manzoni ). Ad una prima lettura, la frase in questione potrebbe sembrare scorretta, perché suona male ed ha una musicalità sgradevole, ma invece non è così…In un italiano più musicale suonerebbe così “Bisogna pregare Iddio per quelli che muoiono”. Ma allora il buon Manzoni cosa ha combinato…Nulla, ha solo violato la norma sintattica, ha omesso la parola per e ha invertito la struttura aggiungendo il pronome loro, rendendo un po’ tutto leggermente sconnesso ma solo all’apparenza.
h – Anadiplosi, dal greco raddoppiamento. Consiste nella ripetizione all’inizio di un verso o di una frase di una parola o di un gruppo di parole che chiudono il verso o la frase precedente e serve, più che altro, per richiamare l’attenzione di chi legge su quelle parole.
es: Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria
In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male.
( U.Saba )
i – Anafora, dal greco ripetere. Consiste nella ripetizione di una parola o di un gruppo di parole all’inizio di più versi o di più frasi consecutive, allo scopo di sottolineare in modo enfatico un preciso concetto.
es: Per me si va nella città dolente
Per me si va nell’eterno dolore
Per me si va tra la perduta gente
( Dante )
l – Analogia, dal greco corrispondenza, rapporto. Consiste nello stabilire corrispondenze, rapporti inauditi tra immagini diverse e prive, all’apparenza, di qualche legame logico. Questo procedimento, il più delle volte, produce immagini di grande effetto espressivo, al limite quasi dell’incomprensione per la loro sinteticità e pregnanza.
es: La sera fumosa d’estate
dall’alta invetriata mesce chiarori nell’ombra
e mi lascia nel cuore un suggello ardente
( D.Campana )
m – Anastrofe, dal greco rovesciare. Consiste nell’invertire il normale ordine sintattico di due parole e lo si fa per motivi ritmici o per conferire un particolare effetto al termine cui tocca il primo posto nel nuovo ordine sintattico.
es: Bene non seppi fuori del prodigio
che schiude la divina Provvidenza
( E.Montale )
n – Annonimazione, dal latino ad e nominatio. Consiste nell’accostamento di due parole che hanno la medesima radice.
es: 1 - Esta selva selvaggia e aspra e forte
2 - Amor, ch’a nullo amato amor perdona
( Dante )
o – Antifrasi, dal greco espressione contraria. Consiste nell’affermare l’opposto di ciò che s’intende dire. Il suo uso è ironico e polemico.
es: E’ proprio un bel gesto ( inteso come mascalzonata..ovvio che va supportata dal contesto in cui s'inserisce ).
p – Antitesi, dal greco contrapposizione. Consiste nel contrapporre due termini o concetti di senso opposto.
es: Non fronda verde, ma di color fosco;
non rami schietti, ma nodosi e’nvolti
non pomi v’eran, ma stecchi con losco
(Dante)
q – Antonomasia, dal greco parola che sta al posto di un’altra. Consiste nell’utilizzare un nome comune invece di un nome proprio.
es: Machiavelli – lo scrivano fiorentino
Dante – il sommo poeta
r – Apostrofe, dal greco rivolgersi verso. Consiste nel rivolgere il discorso, in modo improvviso, ad una persona viva o morta o assente o presente o ad una cosa o, ancora, ad un luogo personificati, chiamandoli in causa.
es. O patria mia, vedo le mura e gli archi
( G.Leopardi )
s – Asindeto, dal greco slegato o legato insieme. E’ una contrapposizione tra due parole o frasi senza l’aiuto di alcuna particella congiuntiva o disgiuntiva e un simile espediente è particolarmente efficace per conferire all’insieme una forte carica espressiva.
es. …non canto non grido
non suono pe’l vasto silenzio va
(G.D’Annunzio)
t – Chiasmo, dall’alfabeto greco. Consiste nel disporre, incrociandole, due parole o due gruppi di parole di una frase. La sua funzione è quella di mettere in evidenza gruppi di parole attirando l’attenzione su di esse.
es. Odi greggi belar, muggire armenti
(G.Leopardi).
u – Climax o Gradazione, dal greco scala. Consiste nel disporre le parole in modo che, per il significato o per lunghezza o per ritmo, producano un effetto di progressiva intensificazione o attenuazione.
es. La terra ansante, livida, in tumulto;
il cielo ingombro, tacito, disfatto.
(G.Pascoli)
v – Diafora, dal greco che porta attraverso. Consiste nell’usare una parola, già usata in precedenza, con un nuovo significato o con una sfumatura di significato diverso.
es. Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce
(G.Pascoli)
z – Enallage, dal greco cambiare in senso inverso. Consiste d’usare una forma grammaticale al posto di un’altra di cui assume il valore.
es. Paolo camminava spedito
1 – Endiadi, dal greco una cosa per mezzo di due. Consiste nell’esprimere un concetto attraverso due termini complementari coordinati tra loro.
es. Vedo splendere la luce e il sole – significa Vedo splendere la luce del sole.
2 – Epanalessi, dal greco ripresa. Consiste nella ripetizione, dopo un certo intervallo, di una o più parole per sottolineare un particolare concetto.
es. Ma passavam la selva, tuttavia
la selva, dico, di spiriti spessi
(Dante)
3 – Epanortosi, dal greco correzione. Consiste nel ritornare su una determinata affermazione per attenuarla, accentuarla, incrementarla o ritrattarla.
es. E’ proprio un brav’uomo, ma che dico, un santo
4 – Epifonema, dal greco voce aggiunta. E’ una frase sentenziosa utilizzata per concludere il discorso con una certa enfasi.
es. Sì vedrem chiaro poi come sovente
per le cose dubbiose altri s’avanza
et come spesso indarno si sospira
(F.Petrarca)
5 – Eufemismo, dal greco parlo in modo piacevole. - Consiste nell’usare una parola o un’espressione di significato neutro o generico, invece di una parola o una frase di troppo cruda o irriguardosa.
es E’ passato a miglior vita
6 – Ipallage, dal greco scambiare. Consiste nel dare ad una parola qualcosa – qualificazione, determinazione o specificazione – che si riferisce ad un’altra parola nello stesso discorso.
es. …un ribatte
le porche con sua marra paziente
(G.Pascoli)
L’aggettivo paziente è riferito all’arnese marra, ma di logica andrebbe riferito a un, cioè al contadino che per il suo lavoro utilizza la marra e che è anche paziente
7- Iperbato, dal greco trasporto. Consiste nel rompere l’ordine normale delle parole di una frase, separando elementi che solito sono uniti.
es. Mille di fiori al ciel mandano incensi
(U,Foscolo)
9 – Ipotiposi, dal greco abbozzo. E’ una particolare vivace rappresentazione di un avvenimento reale o fantastico, di un oggetto o di un personaggio.
es. Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
l'ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T'ho visto sei tu.
(S.Quasimodo)
es. Che sapientone – detto di un ignorante –
“Bel favore che m’avete fatto! M’avete
mandato da un galantuomo, da
(A.Manzoni)
L’umorismo consiste nel mescolare, nell’esposizione di una vicenda, il serio con il faceto.
Il sarcasmo fa parte dell’ironia, quando questa è mossa dallo sdegno o dal rancore si può parlare di sarcasmo.
11 – Litote, dal greco semplice. Consiste nell’esprimere un concetto in forma attenuata, nella maggior parte dei casi, negando il concetto opposto.
es. non era nato con un cuore di leone
12 – Metafora, dal greco trasportare – trasferire. Consiste nel trasferire di significato di una parola dal campo di idee in cui viene di solito utilizzata ad un altro, di modo che una parola viene sostituita da un’altra che con la prima intrattiene un rapporto di somiglianza. La metafora è la forma abbreviata della similitudine, se in quest’ultima l’immagine viene elaborata riempiendola di particolare, nella metafora, invece, si ha la sintesi.
es. Ulisse è una volpe
13 – Metonimia, dal greco scambio di nome. Consiste nell’usare una parola in senso figurato in sostituzione di un nome proprio, con il quale intrattiene un rapporto di contiguità.
es. leggere Dante – s’intende leggere la Divina Commedia
Appare un Modigliani – s’intende un quadro.
13 – Onomatopea, dal greco creazione di un nome. E’ una parola o una frase che riproduce, per effetti espressivi, un suono di un oggetto o di un animale.
es. din don
cra cra
14 – Ossimoro, dal greco acuto sotto un’apparenza di stupidità. Consiste nel porre vicino, nella stesa locuzione, due parole di significato opposto che si contraddicono a vicenda.
es. grido silenzioso
amara dolcezza
15 – Parallelismo, dal greco l’uno accanto all’altro. Consiste nell’allineare, sempre secondo lo stesso ordine, gli elementi di due o più enunciati successivi, in modo da determinare strutture identiche e simmetriche.
es. Vigile a ogni soffio
intenta a ogni baleno,
sempre in ascolto
sempre in attesa
pronta a ghermire
pronta a donare
(G.D’Annunzio)
16 – Paronomasia, dal greco denominazione – simile. Consiste nell’accostare parole che risultano somiglianti dal punto di vista fonico, allo scopo di produrre particolari effetti o di dare particolare rilievo alle parole coinvolte.
es. l’fui per ritornar più volte volto
(Dante)
17 – Perifrasi, dal greco discorso intorno. Consiste nell’indicare una persona o una cosa con un giro di parole, anziché con il suo abituale nome. Questo procedimento può rispondere a molteplici esigenze o finalità, può essere usato per evitare ripetizioni, per sostituire un termine troppo crudo o, solo, per conferire un particolare colore poetico alla frase.
es. incontro lì dove si perde il giorno – s’intende ad occidente, verso il tramonto
18 – Polisindeto, dal greco molto legato insieme. Consiste nel coordinare tra loro le parole di una proposizione o le proposizioni di un periodo usando molte congiunzioni per evidenziare particolari valori espressivi o per creare un ritmo concitato ed incalzante.
es. …e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suono di lei
(G.Leopardi)
19 – Preterizione, dal latino praeterire – passare oltre. Consiste nell’affermare di voler tacere un fatto o un argomento di cui, in realtà, si parla chiaramente.
es. Non ti dico cosa ha combinato il cane oggi, ha morso il postino, l’abbiamo dovuto chiudere nell’armadio e lì ha scardinato le ante con le zampe…..
20- Prosopopea, dal greco personificare. Consiste nell’introdurre a parlare un personaggio assente o defunto o anche cose astratte o inanimate.
es. Manzoni dice…ect. ect
21 - Reticenza, dal latino reticere – tacer. Consiste nell’interrompere o lasciare in sospeso una frase o una particolare parola.
es. porca….
22 – Similitudine, dal latino simili – simile. Consiste in un paragone istituito tra cose, persone e situazioni ritenute simili, attraverso la mediazione di avverbi o locuzioni avverbiali di paragone: come, a somiglianza di, tale, quale
es. Come un’aquila che dall’alto a piombo
attraverso le cupe nubi si precipita sulla montagna
per ghermire una lepre o un’agnella,
tale scotendo il ben affilato ferro
Ettore si scaglia nella mischia
(Omero)
23 – Sineddoche, dal greco prendo insieme. Consiste nell’indicare una cosa non con il suo solito nome, ma con un altro che ha un significato più o meno ampio, anche se simile.
es. All’orizzonte apparve una vela – vela per barca –
24 – Sinestesia, dal greco percepire insieme. Consiste nell’associare, all’interno di un’unica immagine, nomi e aggettivi che appartengono a sfere sensoriali diverse che, in un rapporto di reciproca interferenza, danno origine ad un’immagine vivamente inedita.
es. colore caldo
voce chiara
fredda luce
25 – Zeugma, dal greco aggiogamento. Consiste nel far reggere da un unico verbo più enunciati che richiederebbero, invece, ciascuno un specifico verbo reggente.
es. parlar e lacrimar vedrai insieme
(Dante)
che sono molteplici e soddisfano qualsiasi esigenza espressiva rendendola inevitabilmente elegante, suggestiva e ricca di spunti. E’ vero che quando si legge tuttavia, il più delle volte, non si bada alla forma strutturale. Al lettore interessa, infatti, che la lettura scorra senza intoppi e che le vicende narrate abbiano ritmo e siano avvincenti. Ciò nonostante, chi si avvicina alla scrittura deve avere presente, almeno solo a titolo informativo, questi espedienti espressivi…
Francesco Anelli
- Versione stampabile
- Login o registrati per inviare commenti
- 5008 letture