Il mistero di casa Aranda di Jerònimo Tristante
Romanzo ambientato nella società madrilena; protagonista un ex ladruncolo diventato vice ispettore di polizia. Non male, fa passare il tempo (a chi ha bisogno di evadere spesso dalla quotidianità), ma non lascia il segno, salvo che per una piccolezza, per me significativa, che mi impedirà di lasciarlo scivolare senza infamia e senza lode nel dimenticatoio. L'autore, Tristante, ha usato una parola che ancora non sapevo: caciccato.
A pagina 313, alla fine del primo capoverso, infatti si legge:
"Lo indisponeva il fatto che il potere istituito attaccasse la stampa indipendente, forse l'unico organismo di quell'arretrato Paese in grado di denunciare il caciccato che dominava ogni cosa. E ovviamente alcuni giornali davano fastidio ai potenti, che cercavano di ridurli al silenzio. La spagna non cambiava mai."
E l'Italia?
Per l'amor di Dio! Peggio che andar di notte, avrebbe detto mia nonna.
Per associazione di idee, mi sovviene quello che scrisse Giovanni Papini nel Discorso di Roma, nel 1913 (1913! Non so se mi spiego):
"Siamo nelle mani dei borghesi, dei burocratici, degli accademici, dei posapiano, dei piacciconi. Non basta aprire le finestre - bisogna sfondar le porte. Le riviste non bastano ci voglion le pedate."
A proposito di caciccato, comunque, per tornare a noi, pari pari non c'è nemmeno sul vocabolario. E questo mi consola. Ci si arriva però dalla voce: cacìcco o cacìco. Leggiamo che In Messico e in altri luoghi dell'America centrale, era il titolo dei capi di tribù indigene all'epoca della dominazione spagnola. In senso figurato, e veniamo al dunque, significa notabile del mondo politico, autorità. Etimologicamente risale allo spagnolo cacique, che a sua volta deriva dal caraibico kacik, "signore".
Maila Meini
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